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La classifica delle città italiane ordinata per qualità della vita è un grande classico: arriva alla fine dell'anno come il pandolce e l'albero di Natale e serve, se una funzione gliela vogliamo trovare, a farsi qualche domanda sulla necessità delle classifiche.

Che sono, al di là di quelle sportive che maturano grazie a vittorie e sconfitte, generalmente inutili. Le considero, piuttosto, un modo stupido per farsi un'idea delle cose, così come quando si cercano risposte a domande tipo 'qual è il giocatore più forte del mondo' oppure 'l'automobiile migliore'. Queste graduatorie mancano della considerazione che dovrebbe stare alla base di tutto: più forte a fare cosa? Migliore in che senso?

La stessa lacuna di fondo investe la classifica redatta dal Sole 24 ore sulla qualità della vita nelle province d'Italia. Essa è infatti il prodotto di una serie amplissima di indicatori che, messi assieme, generano un punteggio: in esame sono ricchezza e consumi, affari e lavoro, giustizia e sicurezza, demografia e società, ambiente e servizi, cultura e tempo libero. Esaminate separatamente, nella cosiddetta 'classifica di settore', queste categorie scattano una fotografia abbastanza fedele della località da osservare: nell'indice del clima, per esempio, Imperia è al primo posto. Il problema è che questo stesso dato è annegato in una congerie di altri indicatori, dai bar ai ristoranti, dai musei alle librerie, fino allo sport e molti altri. Così il peso specifico di vivere in un posto sano, benedetto dal sole anche fuori stagione e dal mare, è estremamente ridotto. Siamo sicuri che nella scelta del posto ideale in cui vivere questo elemento sia davvero così insignificante?

Ci sono poi molti altri parametri che rendono puerile il gioco di mettere le città italiane in una simile classifica. Prendiamo il più vistoso: ai fini della graduatoria siamo a Genova a Nervi come a Cornigliano, a Pontedecimo come a Portofino. E' Napoli Posillipo ma anche Scampia, sei a Roma tanto ai Parioli quanto a San Basilio. E' come dire che ci sono due persone, una con tre figli e l'altra che non ne ha nessuno e il risultato matematico è che ne hanno 1,5 a testa. Ma le mezze persone, nella realtà, non esistono.

La classifica poi, andrebbe redatta tenendo presenti le necessità di ciascuno: se ho 20 anni l'offerta formativa e la presenza di locali e bar è fondamentale, se ne ho 70 conta meno il mercato del lavoro e di più da qualità dei servizi sanitari. E così via.

Dalla classifica del Sole, in sostanza, emerge ogni anno la stessa artefatta realtà: nelle gelide province del nord si sta come in paradiso, il sud è un mezzo inferno. Ma alla prova dei fatti sappiamo che non è così.

E' giusto quindi che i territori penalizzati da queste classifiche reagiscano con orgoglio. La Liguria, per esempio, si trova in una posizione ideale da molti punti di vista e rappresenta un luogo eccellente dove pianificare la propria vita: ha un clima magnifico come e meglio di molte aree del meridione ma è geograficamente vicina al cuore economico del Paese. Ha alcuni campi economici in cui è leader indiscussa, si pensi a tutto il ramo logistico, portuale e alla cantieristica nautica; dispone di un'importante Università ed è al centro di una congiunzione astrale molto favorevole, nel pieno di una dotazione di finanziamenti e opere che, dopo anni di lassismo, non ha eguali in Italia né precedenti sul nostro territorio.

Non è, come nessuno può essere, il migliore dei mondi possibili, ma garantisce a chiunque un'eccellente qualità della vita e ottime prospettive future. Se noi non lo credessimo, del resto, ce ne saremmo andati.

Quando (e se) anche la dotazione infrastrutturale (autostrade, treni, aeroporto) sarà finalmente all'altezza delle nostre aspettative sarà ben difficile battere la Liguria in qualunque classifica. Che al Sole 24 Ore piaccia oppure no.