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Nella mia la disordinata e articolata vita scolastica, fondamentale per la mia crescita e per il mio inconsapevole riscatto di ragazzo arrivato dal sud, determinanti sono stati alcuni insegnanti, perle rare, purtroppo; veri  maestri di vita capaci di realizzare la didattica che dovrebbe essere l'obiettivo di tutti coloro che svolgono il mestiere più importante: compensare le deprivazioni sociali, come insegnava don Lorenzo Milani.

Ricordo alle elementari di piazza Martinez il maestro Pagano, Salvatore di nome, che mi ha permesso di prendere coscienza dei miei mezzi, in un'età in cui ero niente. Poi sono arrivati altri prof ugualmente importanti, Bovo alle superiori, che sapeva incuriosire, così come Caruti, che non si limitava a insegnare elettrotecnica in officina, e poi lei, la persona più colta e intelligente incontrata nella mia vita: Carmen Bisighin.  

Insegnava, la prof, che scuola e cultura sono importanti per far valere i propri diritti. Insegnava a ragionare con la propria testa. Per non abbassare la testa davanti ai soprusi, alle dittature, al datore di lavoro che non ti rispetta, insegnava il valore della solidarietà, e a non piegarsi dinanzi ai nazisti e ai fascisti.
Le sue erano frenetiche lezioni di vita con dentro tutto, italiano, storia e diritto insieme a filosofia e letteratura.

Ogni sua lezione mi incantava: stavo ad ascoltare rapito e affamato e riempivo il quaderno di appunti, annotavo anche le pause, avrei voluto registrarla o filmarla, e che le sue lezioni non finissero mai. In classe l'amavamo tutti, come adepti, i pochi non in linea, normale, invece la detestavano. Perché lei era schietta e schierata, contro la politica di plastica e per i diritti delle persone, degli ultimi. Una militante comunista che, scoprii solo dopo, era stata anche partigiana. Dopo la scuola la persi di vista, ma mai l'ho dimenticata.

L'ho rincontrata per caso, o forse non per caso, dopo tanti anni quando andai a vivere nel centro storico. Splendido crogiolo di genti e di etnie diverse non per tutti. Era come se ci fossimo dati appuntamento: lei viveva in un appartamento appollaiato sui tetti, un grazioso nido proprio di fronte alle mie finestre. La prima volta che la vidi dalla mia finestra mi scoppiò il cuore di gioia: l'avevo ritrovata. Un caso? No, il caso non esiste, raccontava il poliziotto più sbirro di tutti fra i tanti che ho conosciuto. Non poteva essere un caso se di fronte alla mia casa della città vecchia ho ritrovato un altro prof importante, Caruti, e lei Carmen, il vulcano che distillava sapere e impegno. Seppi poi che era stata staffetta partigiana in Val di Vara: è lei la bellissima ragazza al centro della foto simbolo dei partigiani che il 25 aprile del '45 sfilano nelle vie di La Spezia. Fiera come è sempre stata, anche quando andai a trovarla tanti anni alla fine della sua esistenza in un residenza per anziani.

La sua luce si stava spegnendo, ma è rimasta lucida, forte e ribelle sino alla fine. La sua storia sarebbe un film perfetto, o anche la trama di un romanzo, io non la conosco abbastanza e mi accontento di ricordarla come faccio ogni 25 Aprile, giorno della festa della Liberazione. Stavolta con una sua frase che scoperto di recente on line, bellissima: "Ero una persona libera, e dunque antifascista".

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