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Dopo la visita pastoral-elettorale dei due massimi contendenti il trono un po’ tarlato della segreteria del Pd (o chissà che cosa se, sciaguratamente, cambierà nome) ancora una volta mi girano le scatole pensando che quasi chiunque possa andare a votarli. Cioè, se ho capito bene, che le “primarie” (mi piacevano così tanto quando Veltroni le lanciò) saranno aperte a tutti. E’ richiesto soltanto un atto di condivisione, di fede, dal sapore molto cattolico, che deve essere sincero.

Ma nemmeno don Giussani con il suggerimento di Giorgio La Pira, avrebbe potuto inventare un metodo da vecchio catechismo! Rileggo il testo ufficiale perché alla mia età potrei avere capito male, ma credo di no perché ricordo che ebbi la stessa reazione stizzita quando i fondatori l’inventarono. Non le primarie, sia chiaro, ma chi poteva votarle. Eccolo: “Possono votare alle primarie del Pd le persone che, cittadine e cittadini italiani nonché cittadine e cittadini dell’Unione europea residenti in Italia, cittadine e cittadini di altri Paesi in possesso di permesso di soggiorno, iscritti e non iscritti al Partito Democratico, dichiarino di riconoscersi nella proposta politica del Partito, di sostenerlo alle elezioni, e accettino di essere registrate nell’Albo pubblico delle elettrici e degli elettori”. Cioè può votare chiunque. Forse, per assurdo, avrebbe potuto votare anche Andrea Buonafede alias Matteo Messina Denaro. Gli sarebbe bastato riconoscersi o far finta di, dichiararsi concorde con quelle idee (lui da solo senza dirlo agli altri), confessare (pardon) di sostenerlo, accettare di essere registrato in un albo pubblico. Vabbé c’erano da versare i due euro, ma per lui non sarebbe stato un problema.


Mi ero in tutti questi anni di tormenti un po’ dimenticato di questa sindrome populista, ripresa degnamente da Grillo quando governava lui il movimento e ripescata dal professor Conte, sempre così nervoso chissà perché.
Poi, qualche giorno fa ci ha pensato il sindaco di Genova, Marco Bucci, a farmela tornare in mente, scatenando il risorgere dell’incavolatura certamente poco cristiana, pochissimo cattolica. Ha detto (scherzando?) il sindaco che sarebbe andato a votare. “Guardate che io vengo a votare alle primarie, porto i due euro, ma non vi dico chi voto”. Aggiungendo poi: “Io ci vengo” riprendendo il candidato alle primarie del Pd, il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini sul tema delle armi, affermando, con un ironico sorriso di essere d’accordo con lui sulla questione della Difesa. La battuta ha acceso le analisi più disparate tipo: vuol fare un favore a Bonaccini e uno sgambetto alla Elly o invece è proprio il contrario? Bucci è un volto noto e quindi qualche rischio di essere riconosciuto lo correrebbe. Immagino la faccia dei poveretti che, davanti all’urna del partito della sinistra si vedessero con due euro in mano “U’ scindacu cu cria…”! Lo respingerebbero? Lo accoglierebbero cristianamente?


Al di là del pregnante dilemma (pregnante per i dirigenti genovesi del Pd s’intende), resta la questione del voto per tutti. Ma se io devo scegliere il segretario di un partito non dovrei essere almeno iscritto al partito? E no, basta stare in un albo ridicolo che non dice niente? Bisogna proprio cadere nella fuffa populista per fregiarsi dell’etichetta di “gran democratici”, di “vicini al popolo” e diventare finalmente fautori di un “ritorno al dialogo con la base” sempre meglio se realizzato “nelle periferie dimenticate”?


Se fossi iscritto al Pd mi darebbe un notevole fastidio che un non elettore, magari per fare qualche sgarbo a un “amico” candidato o locale sostenitore, si recasse al seggio. Con che diritto? La scelta del segretario di un partito, cioè di colui che dovrà dare la linea politica e magari diventare premier alle prossime elezioni, spetta a chi di questo partito fa parte attiva. Avrei sempre un sospetto (nemmeno troppo lieve) che qualcuno tutt’altro che fedele, avesse barato. E mi girerebbero alla grande!