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A Rovigo una professoressa del liceo è stata colpita alla testa e a un occhio da pallini di gomma sparati con una pistola ad aria compressa da uno studente. Un piano ben organizzato al punto che tutta la scena è stata ripresa da un altro ragazzo che ha pensato bene poi di condividerla in varie chat della scuola. Il video è diventato ovviamente virale spacciato come un atto di forza, una sorta di bullismo al contrario verso l’autorità.

Un episodio grave, gravissimo che denota, se mai ve ne fosse ancora bisogno, il decadimento generale. Quando ho letto la notizia per un attimo sono andato con la mente indietro nel tempo provando a ricordare come vedessi ai tempi, purtroppo lontani, del liceoi professori. Molti di loro li ricordo molto bene, c’erano quelli più giovanili, quelli seriosi, quelli severi e quelli che non si accorgevano neppure che mezza classe si scambiava le versioni di latino davanti a loro. Sì, vero a volte li prendevano in giro, una volta un mio compagno aveva persino messo della colla sulla sedia, un vecchio scherzo. Odioso, ma uno scherzo.

Ma mai e poi mai avremmo neppure immaginato di sparare ad un professore. Verso i quali c’era sempre deferenza e timore. Rappresentavo il mondo degli adulti, rappresentavano qualcosa più grande di noi, di intoccabile, inavvicinabile. E invece oggi questo distacco, questo muro sembra essere caduto. 

Non provengono da famiglie con disagio, sono ragazzi normali e non vi era alcun segnale premonitore - fa sapere la presidente della scuola di Treviso - Hanno preso la cosa alla leggera: irridendo un pubblico ufficiale hanno rimarcato di non aver compreso la scala dei valori». Già i valori.

Di fronte al crescente disagio giovanile la scuola è chiamata ad una impegnativa sfida sociale che sostenga i giovani nella crescita responsabile e civile. Ma è chiaro che non potrà mai riuscirci da sola, sarebbe come pensare di vuotare il mare con un bicchiere. Tutto deve partire da casa, dalla famiglia, dal dialogo che ogni genitore deve avere con i propri figli. Al mio proprio ieri sera ho chiesto un parere su quello che è successo. “Ma davvero papà, ma come è possibile? Non ci credo”.

Ecco a 12 anni la pensa così. Ma guai a pensare che tra due o o tre anni non cambi idea e che anche lui possa iniziare a pensare che portare una pistola a scuola sia una cosa normale. Perché non succede sempre ai figli degli altri.