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Viaggio autunnale fra le foglie di via Casaregis e dell'Acquasola, fra auto rimosse e cacche dei cani
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Per ammirare un suggestivo manto di foglie con i mille colori dell'autunno non è necessario salire su un aereo e volare nel Vermont nord americano, e neppure nelle radure dell'entroterra dei Piani di Praglia o di Bargagli, ma può bastare fare due passi alla Foce o nello storico parco dell'Acquasola o negli in altri fortunati quartieri con viali alberati, a Pegli, Albaro, ma anche in via d'Albertis a San Fruttuoso, dove in questi giorni i tappeti di foglie quasi seppelliscono i marciapiedi.

Sì, stiamo parlando del foliage, come va tanto di modo chiamare oggi le distese di foglie sui prati, anche se le foglie sono sempre cadute, anche quando, come accade adesso, in modo anche un po' snob, non diventavano subito immagini virali da social.

Foglie che però, in città, al di là della poesia dei loro colori e del loro gradevole odor sottobosco, qualche problema lo creano: come accade in via Casaregis e in corso Torino, alla Foce, dove le foglie dei grandi platani cadono per tanti mesi, da agosto a gennaio, e le spazzatrici dell'Amiu per questo devono intervenire ogni due settimane, costringendo gli abitanti a rimuovere le auto posteggiate. Pena, le inesorabili contravvenzioni.

La signora di via Rimassa dice che lei non vuole tagliare gli alberi, "ma le foglie sporcano e sono pure un pericolo per chi cammina sui marciapiedi". Un altro passante punta l'indice contro i proprietari di cani: "Approfittano delle foglie per far fare i bisogni dove capita ai loro cani" e sottolinea il rischio multa per chi dimentica di spostare l'auto nel giorno delle pulizie Amiu.

Favorevole al foliage e ai platani è invece un giovane abitante in via Casaregis: "Gli alberi sono belli e ci proteggono da rumore e inquinamento".

I metri cubi di foglie raccolti a Genova vengono tutti convogliati e smaltiti nell'isola ecologica Amiu della Volpara, proprio di fronte al camposanto di Staglieno, dove anche il foliage urbano genovese conclude modo in modo assai poetico la propria caduca esistenza.