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di Matteo Angeli

Una apparente semplice domanda di un commerciante si trasforma in un esposto che ora rischia di far tremare seriamente Aspi. L’inchiesta della Procura di Roma sui dividendi distribuiti dalla holding Atlantia, controllata dalla famiglia Benetton, segna in queste ultime settimane una svolta decisiva. 

L’indagine ipotizza che, per anni, siano stati manipolati i bilanci di Autostrade per l’Italia (Aspi) con l’obiettivo di gonfiare utili e dividendi a vantaggio degli azionisti, in particolare proprio i Benetton. Secondo gli inquirenti, durante la gestione privata di Aspi sarebbero state contabilizzate in modo illecito le somme destinate alla manutenzione della rete autostradale. Tali fondi, invece di essere impiegati per gli interventi previsti, sarebbero stati dirottati nel patrimonio netto, alimentando dividendi poi distribuiti agli azionisti. In sostanza, le risorse pubbliche destinate alla sicurezza stradale sarebbero finite nelle casse private.

Grandi opere e, forse, la Gronda finanziate due volte

"Il primo provvedimento di concessione ad ASPI prevedeva un sistema tariffario costruito su una tariffa flat attraverso cui la società incamerava denari che avrebbero dovuto servire anche per una serie di grandi infrastrutture - spiega l'avvocato Caruso -. Ad un certo punto con il quarto atto aggiuntivo ASPI e lo Stato concordano che alcune di quelle grandi opere infrastrutturali sarebbero state finanziate con un autonomo incremento di tariffa. Il problema è che a fronte di questo incremento di tariffa non è stata prevista nessuna riduzione della tariffa flat che ASPI ha continuato ad incamerare senza che fosse necessario utilizzare quei denari per le grandi opere. Nell’esposto che abbiamo presentato ipotizzavamo che tra le grandi opere finanziate due volte vi fosse anche la Gronda, evoluzione della bretella Voltri-Rivarolo. La Procura di Roma non ha trovato conferme rispetto alla Gronda ma su altre grandi infrastrutture soprattutto in Italia centrale ma non solo”.

La vendita di Aspi: i sospetti

L’indagine entra ora in una fase ancora più delicata, toccando la vendita stessa di Aspi, operazione che fu l’alternativa alla revoca della concessione avanzata dall’ex premier Giuseppe Conte dopo il crollo del Ponte Morandi.  Il ragionamento degli investigatori è chiaro: se i bilanci sono stati falsati per anni, allora lo Stato potrebbe essere stato danneggiato in due modi. Primo, riconoscendo tariffe autostradali destinate a manutenzioni mai realizzate. Secondo, acquistando Aspi a un prezzo gonfiato, frutto di utili fittizi e di una redditività soltanto apparente. La compravendita, infatti, è stata conclusa tra Atlantia e Cdp(affiancata dai fondi Blackstone e Macquarie) per una cifra di 8,3 miliardi di euro.

I dubbi sull’acquisto originario

"Un altro dei problemi che avevamo evidenziato con l’esposto è stato il meccanismo di acquisto di ASPI da parte del gruppo Benetton. Viene fatto un leverage buy out, cioè un acquisto a debito: i soldi arrivano dalle banche e il debito viene restituito con i proventi dell’attività. Questo è assolutamente lecito- spiega ancora Caruso -. Il problema che abbiamo posto alla Procura è che un conto è pagare il debito con gli utili (cosa lecita e corretta), un altro conto è considerare questo debito come un bene immateriale che rimarrà allo Stato e che quindi lo Stato deve finanziare. Provo a spiegare il dubbio che abbiamo presentato alla Procura di Roma: nelle società concessionarie esiste una partita contabile che riguarda il rapporto tra la concessionaria e lo Stato. Se viene fatta una infrastruttura, questa alla fine della concessione tornerà allo Stato e quindi è giusto che al concessionario venga rimborsata. Semplificando molto possiamo dire che esiste una sorta di “scatola contabile” in cui vengono inserite tutte le opere che vengono pagate dal concessionario e che devono essere rimborsate dallo Stato. Il dubbio che noi avanziamo è che ASPI sia riuscita a inserire contabilmente in questa scatola, come bene immateriale, il pagamento del debito per l'acquisto della società. Il costo della società è stato individuato come fosse un bene che torna allo Stato che quindi lo ha pagato. Non sappiamo se è una truffa, staremo a vedere. Ma comunque sarebbe qualcosa di molto pesante: significherebbe che ai Benetton lo Stato avrebbe rimborsato quanto hanno pagato per comprarsi la società".

Gli indagati

Per quanto riguarda il filone sull’incremento delle tariffe per le opere, attualmente sono sette le persone indagate nell’inchiesta: l’ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci, e l’attuale ad Roberto Tomasi; l’ex presidente di Atlantia, Fabio Cerchiai; gli ex presidenti di Aspi, Giuliano Mari ed Elisabetta Olivieri; l’ex direttore finanziario Giancarlo Guenzi e il suo successore Alberto Milvio. Le accuse variano da falso in bilancio a false comunicazioni sociali, fino all’alterazione dei prezzi di mercato. 

Tutto è partito da Certosa 

Tutto è partito da una semplice dubbio che è venuto ad un commerciante di Certosa. Un dubbio assolutamente legittimo che si è trasformato in un esposto presentato dal Comitato Zona Arancione, che rappresenta cittadini e operatori economici della zona di Certosa pesantemente danneggiati dal crollo del viadotto Morandi nel 2018. Nell’esposto anche le firme di CNA, Trasporto Unito, Assiterminal e l’Unione Sindacati e Agenti e rappresentanti di commercio ai quali si è unito anche  il Comitato Vittime Ponte Morandi guidato da Egle Possetti.

Le associazioni che hanno proposto l’esposto sono assistite dagli avvocati Raffaele Caruso, Andrea Mortara e Andrea Ganzer (oltre che dal Prof. Ruggiero Cafari Panico) che, soprattutto durante i periodi del Covid, hanno avuto il tempo per lavorare con calma sulle carte al punto da scoprire cose molto “interessanti” e che potrebbero mettere a nudo un sistema.

Ecco le domande che, con molta semplicità, si pongono gli esponenti, ed in genere l’opinione pubblica: a monte di questa tragedia e dei successivi disservizi qualcuno ci ha guadagnato? Dietro i problemi di degrado e mancata implementazione dell’infrastruttura, così diffusi e allarmanti, è possibile che vi fosse un disegno sistematico con obiettivi finanziari? Fino a che livello si estendono le responsabilità in seno al gruppo che controlla la società Autostrade per l’Italia? Come è stato possibile che le autorità deputate al controllo abbiano permesso tutto questo? Quali sono stati e che natura hanno avuto i rapporti tra concedente e concessionario?

Insomma una spallata partita da Certosa che rischia di essere uno tsunami per Aspi. Qualcosa si muove…

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