
"Solidarietà senza se e senza ma ai lavoratori, poi i sindacati e tutto il resto sono strutture di organizzazione dei lavoratori e vabbè... L'importante è che ci sia futuro come formazione e come occupazione, occupazione pulita che non sia alle spese del territorio o di qualcun altro. Quando si tocca il fondo ci sono le condizioni per ricominciare". Patrizia Avagnina è uno dei simboli di Cornigliano. Era lei una delle donne che nel 1985 armate di pentole e padelle bloccarono via Cornigliano per fermare l'inquinamento che arrivava dallo stabilimento di quella che all'epoca era l'Italsider che si stava avvicinando al suo passaggio di gestione alla famiglia Riva.
Per due giorni i lavoratori dell'ex Ilva di Genova Cornigliano hanno presidiato piazza Savio. Le tende per passare le notti fredde con sullo sfondo lo stabilimento che oggi dà lavoro a mille famiglie. Lo spettro della chiusura della cokeria di Taranto e 6mila persone da mandare in cassa integrazione così come prospettato dal Governo non fanno dormire sogni sereni. Il 28 a Roma l'incontro con il ministro del Made in Italy Urso sulla questione degli impianti del Nord e poi a seguire sulla situazione di Taranto. Tra i lavoratori che hanno passato la notte nelle tende avvolte dai sacchi a pelo c'è chi ha raccontato delle preoccupazioni di questi giorni, tanto da non riuscire a dormire. Padri di famiglia che oltre a mantenere se stessi devono pensare i propri ragazzi.
Un quartiere quello di Cornigliano che vive sul sottile filo che divide qualità ambientale e lavoro. Chi ha vissuto e guidato le lotte del quartiere come Avagnina vede che il tempo ha cambiato lo scenario nel rapporto tra chi vive lo stabilimento e chi i palazzi che si trovano vicino al quartiere del ponente di Genova. "Oggi vedo che è stata abbandonata quella comunione di intenti tra territorio e fabbrica (che c'era un tempo ndr), averli voluti staccare fino ai giorni nostri quasi a renderci contrapposti credo che abbia indebolito noi ma ha indebolito fortemente i lavoratori della fabbrica. Noi non siamo una istituzione e non abbiamo potere però quella unità di intenti avrebbe consentito un percorso per permettere ai lavoratori di essere impiegati o reimpiegati, avremo dato l'anima per farlo". A inizio settembre le due parti di Cornigliano scesero in piazza sul tema ipotesi forno elettrico da realizzare all'interno dello stabilimento, in quell'occasione Avagnina sottolineò il contrasto tra le due realtà. "Oggi viviamo in un mondo dove noi, loro e la gente comune non conta più nulla. È cambiato tutto e conta solo la logica del profitto a tutti costi, l'umanità è zero". Nei giorni dello sciopero e del presidio ci sono state diverse testimonianze di vicinanza da parte dei cittadini del quartiere ai lavoratori che rischiano il posto.
Quella di Patrizia Avagnina è una analisi sociale di come è cambiato il quartiere e il suo rapporto con quella fabbrica che un tempo dava lavoro a migliaia di famiglie ma anche di come è cambiato il mondo in questi decenni. "Sono triste perché vedo che si sta andando verso la chiusura della fabbrica, questo è un colpo al cuore. In questi anni si sono alternati i governi di tutti i colori, ma io dico: quando mai c'è stata una parola o un gesto disegnato per un'alternativa? - spiega Avagnina -. Eppure le possibilità c'erano tutte. Ma hanno buttato a bagno tutto, c'è solo la volontà speculativa di mettere mano su quelle aree e chi ha la forza se le sta prendendo e della gente non frega più nulla" conclude amaramente.
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