Cronaca
L'omicidio di Yara, una lettera da Genova: "Sono io l'assassino"
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“Questa è una confessione particolare: non sono un mitomane. Sono io l’assassino di Yara”. Inizia così la sconvolgente lettera anonima spedita a “L'Eco di Bergamo” che rivendica l’omicidio di Yara Gambirasio, l’adolescente uccisa il 26 novembre scorso e trovata morta nel campo di Chignolo d’Isola. Una lettera colma di dettagli che, nonostante le numerose missive inviate al quotidiano in questi mesi, ha suscitato l’attenzione degli investigatori che ritengono attendibile il racconto. La lettera sarà esaminata in modo approfondito dal Ris di Parma. Scritta su un foglio A3, con un normografo, sgrammaticata, è giunta all’Eco l'8 agosto dal centro meccanografico postale di Genova, che smista la corrispondenza di Liguria e provincia di Alessandria. E’ il racconto di un presunto pedofilo che fornisce la sua versione dei fatti accaduti a Brembate Sopra. Dice che si trovava lì per lavoro e “passava vicino al centro sportivo per conoscere qualche ragazzina, perché le donne non me vogliono, mi imbarazzo con adulti”. Ha scritto al giornale perché, dice, per lui sarebbe rischioso contattare i carabinieri di Ponte San Pietro “poiché già segnalato il mio nome lì per altri fatti accaduti anni prima”, scrive. E racconta di una conoscenza con Yara lunga almeno due mesi. “Verso fine settembre passavo vicino a palestra con la mia macchina e con delle scuse avevo conosciuto una con quel nome. Finimmo con il simpatizzare eppure mi sembrava di piacere a lei perché mesorrideva quando le chiedevo se aveva il ragazzo fisso”. Poi il racconto di quella sera del 26 novembre: “gli offrivo un passaggio a casa verso le 18,50. Con una scusa le dissi che dovevo passare un attimo al posto di lavoro a Mapello. Verso le 19 arrivammo a Mapello, in macchina le squillò il cell. La convinsi a spegnerlo, lei aveva già capito le mie intenzioni. Una volta fermata la macchina si spaventò e tentò di scappare fuori de macchina. La insegui nel campo dietro cantiere avevo un coltello poi presi una pietra e senza rendermi conto la colpii alla testa. Pensavo che era meglio chiamare il 118 e poi scappare ma preso dal panico la caricai in macchina e portai il corpo in un campo più sicuro”. Ricostruzione attendibile ma compatibile pure con un'attenta lettura dei giornali. (A.Chieregato)
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