Politica

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Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l'acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
Da una relazione dell'Ispettorato per l'immigrazione del Congresso degli Usa, ottobre 1912.

Si suppone che l'Italiano sia un grande criminale. È un grande criminale. L'Italia è prima in Europa con i suoi crimini violenti. (…) Il criminale italiano è una persona tesa, eccitabile, è di temperamento agitato quando è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo stiletto. (…) Di regola, i criminali italiani non sono ladri o rapinatori - sono accoltellatori e assassini.
dal "New York Times", 14 maggio 1909

Non sono, ecco, non sono come noi. La differenza sta nell'odore diverso, nell'aspetto diverso, nel modo di agire diverso. Dopotutto non si possono rimproverare. Oh, no. Non si può. Non hanno mai avuto quello che abbiamo avuto noi. Il guaio è…. che non ne riesci a trovare uno che sia onesto.
Richard Nixon, presidente degli Stati Uniti d'America, 1973

Il quartiere di Spalen a Bale è diventato negli ultimi anni una vera colonia di operai transalpini. La sera soprattutto queste strade hanno un vero profumo di terrore transalpino. Gli abitanti si intasano, cucinano e mangiano pressoché in comune in una saletta rivoltante. Ma quello che è più grave è che alcuni gruppi di italiani si assembrano in certi posti dove intralciano la circolazione e occasionalmente danno vita a risse che spesso finiscono a coltellate.
da "La Suisse", Ginevra, 17 agosto 1898.


Con il pacchetto sicurezza approvato dal Parlamento, l'immigrazione clandestina diventa un reato punibile con multe e con l'espulsione dal territorio nazionale. Il dispositivo prevede il contrasto ai matrimoni misti, nuove norme in materia di occupazione del suolo pubblico, la possibilità per i sindaci di avvalersi delle ronde, l'aumento a 180 giorni del periodo di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione, la reintroduzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale e altro ancora. Norme che nella concreta realtà italiana rischiano di diventare non un'arma contro l'irregolarità, bensì uno strumento persecutorio contro migliaia di immigrati che abbiamo accolto nella nostra vita quotidiana (con grandi profitti di tanti imprenditori) e chi ha sinora cooperato alla cura di tantissime famiglie. Oggi si sta registrando il tutto esaurito nei centri di identificazione ed espulsione, CIE, il nuovo e più sbrigativo nome che ha sostituito l'ipocrita CPT, strutture più simili a zoo che ad un carcere; molti fra i primi arrestati per il reato di clandestinità, vengono tradotti direttamente in carcere in attesa di essere processati. Non solo ingolferanno le aule dei tribunali, ma la stessa situazione carceraria è prossima al collasso, tanto che amministratori e parlamentari, soprattutto della Lega, reclamano nuovi CIE nelle regioni ancora sprovviste. Soluzioni che faranno lievitare il business della detenzione amministrativa, di cui già beneficiano numerosi enti, ma sono inutili e crudeli risposte propagandistiche ai problemi creati dallo stesso sistema legislativo. Senza che si riesca a far percepire che dietro quelle orrende sbarre ci sono uomini e donne, persone che combattono per vedersi riconosciuto il diritto a restare in Italia e a progettarsi un futuro. Persone che usciranno da quelle gabbie con in corpo rabbia e umiliazione, con i segni fisici e psicologici prodotti da un Paese capace di bastonare e di sfruttare, ma non di includere. I Cie disegnano un quadro del Paese carico di ipocrisia, vigliaccheria, assenza di memoria storica. Possibile che in poche decine di anni, ci si sia dimenticati di quando a migrare erano i nostri nonni, i nostri genitori? Che sia andata persa la memoria delle quarantene ad Ellis Land, negli Usa, dei cartelli con la scritta "non si affitta ad italiani"? Si è rimossa la memoria di come gli oltre 20 milioni di uomini e donne che se ne sono andati, abbiano conosciuto fatica, lavoro, schiavitù e sfruttamento. Di come, per un delitto commesso da uno solo, si agivano veri e propri pogrom contro gli italiani. Di come si veniva considerati rozzi, sub umani, devianti per natura. Forse, scavando, in ogni famiglia italiana odierna, si troverà un passato di miseria e di espedienti, di clandestinità sofferta e non voluta, di riscatto sociale e di degrado. Forse, pensando alle gabbie in cui teniamo oggi chi è senza documenti dovremmo guardarci indietro e metterci dalla parte di chi quelle gabbie le vorrebbe veder sparire dalla Storia.

*Consigliere regionale Prc