Politica

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Sta per iniziare una settimana cruciale per il futuro urbanistico di Genova, una settimana che potrebbe segnare una svolta rischiosa e difficilmente cancellabile nel panorama della città, in due suoi luoghi stupendi: corso Italia e Carignano. Martedì il consiglio comunale esaminerà la delibera che chiede una variante che potrebbe consentire a un gruppo imprenditoriale di rifare il vecchio Lido di Genova per trasformarlo in un oggetto ricco di, piscine, fitness, cabine, cemento e una trentina di appartamenti sulla spiaggia più bella della città. Entro la settimana si conoscerà chi progetterà il nuovo ospedale Galliera, vicino a padiglioni antichi della Duchessa, dentro l’area verde nel cuore di Carignano.

Oggi il tratto di costa su cui insiste il più grande stabilimento balneare d’Europa è orrendo, fatiscente, deturpato da cabine che sembrano reduci da un bombardamento. Secondo i progettisti diventerebbe un Eden. Secondo chi, perplesso, ritiene che questa sia una enorme cementificazione, sarebbe uno sfregio nel luogo più visibile di Genova. Da una parte chi vuole costruire, cambiare, fare. Dall’altra i comitati, gli ambientalisti quelli di Italia Nostra. In mezzo il sindaco che nell’ultima riunione della commissione, di fronte a tentennamenti e preoccupazioni bipartizan su questa variante di corso Italia sbotta: “Non si può avere paura di cambiare la città solo per passare da cementificatori”. E aggiunge: “Questa città vuole morire”. Forse una minaccia un po’ apocalittica.

Proviamo a esaminare la questione. Sull’area del Lido, che è per due terzi proprietà dei padroni dello stabilimento e per un terzo del Demanio, da anni ci sono desideri di costruire. E chi non li avrebbe! Due anni fa fu bocciata una proposta che era stata giudicata troppo lontana dalle idee di revisione del piano urbanistico della zona. Poi è arrivata questa, presentata da un imprenditore, ma senza che, apparentemente, ci siano dietro dei costruttori con nome e cognome. Si tratta, a quanto pare, di una idea che cerca una approvazione e che poi passerà ai costruttori eventualmente interessati. E crediamo che visto il business non mancherebbero i candidati. Anzi, sembra che già il progetto circoli nel mondo degli immobiliaristi.

Per fare questo maxi progetto che prevede stabilimenti balneari, aree pubbliche, giardini e trenta appartamenti trenta lì sulla spiaggia, ma sotto il livello stradale, si parla di quasi duecento milioni di euro. Per fare gli appartamenti e tutto il resto ci vuole il cemento, (anche se tutto, assicurano i proponenti, è ecocompatibile) quindi sembra che parlare di cementificazione non sia proprio una ipotesi balzana. E’ una bella colata di cemento sul mare, elegantemente ricoperta di piante e fiori, ma, francamente con un disegno che pare a noi, poveri profani, un’ imitazione dell’edilizia di Montecarlo dove i palazzi, gli appartamenti, i box sono praticamente a filo d’acqua. Il sindaco ribatte: "Noi andiamo ad approvare una variante e non questo progetto. Approviamo uno strumento urbanistico, poi metteremo tutti i vincoli necessari". Ma le varianti a Genova nel passato hanno aperto la strada a speculazioni che ancora oggi hanno lasciato segni profondi sulla pelle della città.

Genova è fatta di edifici molto belli (anche contemporanei) e anche di tanti orrori. Via Madre di Dio era fatiscente e con questa scusa (fare, cambiare, non morire) è diventata una valle di cemento e siringhe. Anche Piccapietra era fatiscente. E’ diventata una piastra di cemento a cui ormai i genovesi hanno fatto l’abitudine e non si ricordano più di via San Giuseppe che scendeva verso via venti Settembre. Certo, mi si dirà, anche via Venti Settembre fu una speculazione. Lo fu probabilmente come lo fu la realizzazione di via Assarotti. Genova allora stava diventando una città di automobili e aveva bisogno di spazi. Ma l’affaccio al mare ha proprio necessità di trasformarsi in una piccola Montecarlo? E questo, in un pezzo di costa delicato, con il palazzo della Caravella che nonostante sia un condominio ha mantenuto un certo stile genovese e l’ antica Motonautica per non parlare dell’Abbazia di San Giuliano. Siamo proprio convinti che i giardini, gli spruzzi d’acqua, i vialetti, le piscine, le maxi jacuzzi, gli autosilos e, perché no, trenta appartamenti trenta, che farebbero somigliare l’ex Lido di Genova a un grande villaggio Valtur, sia nello stile della città? Sobrio. Fine. Non una solenne tamarrata? E poi: si costruirebbe davvero solo sui due terzi dei privati o il mattone finirebbe anche sul terzo demaniale? Quanta spiaggia pubblica in più guadagnerebbe la città? E l’approvazione della variante non rischia di diventare un precedente? Se la fanno per il Lido, potrebbe affermare a pieno diritto qualcuno, perché non farla anche per altri stabilimenti balneari che ormai hanno tolto ai genovesi il sacrosanto diritto di un accesso pubblico al mare? Tutto questo, poi, con una velocità, cui la burocrazia comunale non ci ha abituati.

Mi viene da pensare a un amico che ha un grande terrazzo e che tenta da anni di sistemare su questo terrazzo una verandina di 5 metri quadrati per ricoverare piante e attrezzi. Altro che variante per il Lido-Montecarlo! Lui ha girato tutti gli uffici comunali con una documentazione con la quale potrebbe davvero chiedere una variante per fare un’autorimessa di Tir sulla spiaggia di Boccadasse. La verandina? Non se ne parla nemmeno! E’ una superfettazione, cioè è un orrore urbanistico sul tetto. Vade retro speculatore da verande! Invece, per la variante del Lido di Genova si corre come sulle strade di Montecarlo nei giorni del Gran Premio. Dice il consigliere bipartizan Gagliardi: “Chissà perché chi viene a proporre progetti in questa città sono sempre i cementificatori”. Non solo in questa città, caro Gagliardi! Pensi ai porticcioli dove dietro le barche crescono le case a schiera, ai grattacieli a forma di banana marcia che dovrebbero spuntare dal mare savonese a minacciare la Lanterna dei nemici genovesi. Si consoli insomma. Mal comune mezzo gaudio.

E allora, consiglieri e sindaco: attenti alle varianti. Pensateci bene, usate lo stesso metro che utilizzate per le verande, le finestrine da allargare, i bersò da mettere su un terrazzino. Noi siamo per il fare eccome se lo siamo in questa città assopita. Fare sì, ma non cementifi-fare.