Cronaca

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"Per una vendetta si è rischiata una strage”. Sono le parole del comandante provinciale dei carabinieri di Genova, Gino Micale, che svela così il giallo dei 64 candelotti esplosivi abbandonati alla stazione di Genova Pricipe lo scorso inverno. Mistero che si chiude con l’arresto dei due “bombaroli”: un imprenditore edile di Cogorno, Giorgio Ozzeni, 55 anni, e un minatore di Né, Giuseppino Paganini, 46 anni. Un piano architettato nei minimi dettagli da Ozzeni per togliere di mezzo la convivente: una sudamericana conosciuta a Panama nel ’95, dalla quale ha avuto tre figli, cercando di farla estradare perché la donna si ribellava alla sottomissione e alle violenze. Così Ozzeni, che ora si trova rinchiuso nel carcere di Chiavari, ha pagato Paganini (agli arresti domiciliari) per procurarsi l’esplosivo per cava e relativi detonatori, chiusi nello zainetto blu con un verbale di affidamento dei figli che riconducevano alla compagna. Successivamente Ozzeni aveva anche inviato un esposto anonimo ai carabinieri in cui la donna veniva indicata come il vettore di una imprecisata quantità di esplosivo appartenente a un gruppo terroristico di matrice "Anticastrista". Una venedetta che poteva avere risvolti drammatici: anche se i candelotti di dinamite non erano innescati, restava il rischio che il deterioramento della nitroglicerina provocasse un’esplosione alla stazione principe o alla comunità di San Benedetto al porto di don Gallo dove è stato ritrovato lo zainetto, dato in beneficenza con altre 10 valigie mai reclamate all’ufficio oggetti smarriti.