cronaca

"I due giovani che l'hanno uccisa saranno puniti dalla loro vita, ma che vergogna la giustizia spagnola"
2 minuti e 30 secondi di lettura
"Quando accaduto a mia figlia Martina non deve più accadere ad altre donne, io mi batterò per questo, la forza me l'ha data lei, il suo sacrificio".

Non è mai banale nonostante siano quasi undici anni che urla il suo dolore e chiede giustizia Bruno Rossi, padre di Martina Rossi, la ragazza di Oregina morta per sfuggire a uno stupro cadendo da un balcone dal sesto piano di un hotel di Palma di Maiorca dove era andata in vacanza con un'amica.

Incontriamo Rossi nel solito bar di via Napoli che frequenta da sempre.

Sono passati soli due giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha condannato in modo definitivo a tre anni di pena i due trentenni di Arezzo per avere provocato la morte della ragazza tentando di stuprarla e facendola cadere dal sesto piano: "I due giovani saranno puniti dalla loro vita, perché per tutti saranno quelli che hanno fatto morire una ragazza tentando di violentarla" racconta Bruno, "Martina era una persona meravigliosa che ha trovato la morte nel suo primo viaggio in aereo da sola, come una farfalla morta al primo battito d'ali, parte di noi è morta con lei".

Il papà pur distrutto dal dolore si dice soddisfatto della giustizia italiana
anche se per arrivare all'ultima sentenza della Cassazione ci sono voluti oltre dieci anni, critica invece in modo pesante i giudici della Spagna che dopo poche ore avevano già assolto i due colpevoli e chiuso il caso affermando che Martina era caduta da sola dal balcone tanto da riaffittare subito dopo la camera teatro della tragedia.

"Una vergogna di cui dovrebbero rendere conto" come hanno rimarcato anche i legali di Rossi, fra cui Stefano Savi del foro di Genova.

La grande fatica per riaprire il caso Rossi è riuscito a sopportarla insieme alla moglie Franca grazie all'abbraccio dei genovesi e delle amiche di Martina nell'Imperiese dove la famiglia ha una seconda abitazione: "Martina era così bella dentro e fuori e manca a tutti, ma io ora non posso fermarmi neanche ora perchè la sua morte mi ha investito di un obbligo che devo portare avanti, lottare affinchè altre donne non facciano la sua fine, questa sentenza insegna che gli uomini che fanno violenze sulle donne non la passano liscia".

Bruno punta poi il dito contro Luca Vanneschi, uno dei due condannati con  Alessandro Alberton per la tragedia: "Mi è venuto a dire che Martina l'ha aggredito, lui grande e grosso e lei così piccina... ma deve stare tranquillo che se c'era da difenderla lo avrei aggredito io, suo papà", ripete Bruno che poi lontano dalle telecamere aggiunge, come a ribadire quanto fatto intendere già in passato e ritrovando la grinta che lui, storico sindacalista dei portuali, sapeva sfoderare nelle assemblee: "Se non ci fosse stata una giustizia dai giudici io non mi sarei fermato davanti a niente per ottenerla".