
Nella Napoli della Belle Époque Scarpetta è il re del botteghino. Il successo lo ha reso un uomo ricchissimo grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca che nel cuore del pubblico ha soppiantato Pulcinella. Il film gioca su due piani paralleli: il teatro che per lui è tutto e intorno al quale ruota il suo complesso nucleo familiare, composto da mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo e un pericoloso azzardo che decide di portare avanti: realizzare la parodia de ‘La figlia di Iorio’ di Gabriele D’Annunzio dopo un incontro con l’autore che gli dà un consenso formale ma non scritto. La sera del debutto si scatena un putiferio: la commedia viene interrotta tra urla, fischi e improperi sollevati dai drammaturghi della nuova generazione che gridano allo scandalo e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio. Inizia così la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia che andrà avanti per anni logorando non solo lui ma anche tutta la famiglia tanto che il delicato equilibrio che la tiene insieme sembra quasi dissolversi.
Non c’è dubbio che per Martone il palcoscenico sia da sempre una grandissima passione: lì ha iniziato la sua carriera, lì ha allestito il suo primo spettacolo, lì continua a lavorare alternandolo con il cinema. Quest’amore nel film si respira fin dall’inizio, a partire dalla ricostruzione della celebre scena della spaghettata di ‘Miseria e nobiltà’, e il personaggio di Scarpetta ne è ovviamente il centro: un uomo, cui Toni Servillo presta la sua maschera esuberante, che fatica a mettersi in sintonia con il mondo che cambia e le novità che porta con sé (come il cinematografo) che il figlio Vincenzo vorrebbe invece abbracciare contro la sua volontà, diviso tra una professione che ama e la gestione di una tribù affollatissima. Eclettico e ingombrante, Martone lo vede come un patriarca amorale, spinto da una grande fame di riscatto e di rivalsa all’interno di un teatro che riesce a tenere persino il dolore dentro lo schema della commedia e lo segue con affetto fino a renderlo alfiere di una battaglia sulla libertà di espressione che in qualche modo ha cambiato la storia stessa della nostra cultura.
IL COMMENTO
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