
“La speranza ha due bellissimi figli, lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiare quelle cose”. Ecco, è questa frase di Sant’Agostino che mi ha colpito di più nel discorso di Egle Possetti il 14 agosto. Era il giorno Per Non Dimenticare e di affermazioni importanti ne ha fatte parecchie la presidente delle famiglie delle vittime del Ponte Morandi. Fra tutte, però, quelle parole fotografano alla perfezione la condizione di questo Paese: l’incapacità di indignarsi da una parte e dall’altra la mancanza di coraggio per modificare lo statu quo.
La tragedia di sette anni or sono ha un tragico portato che va oltre le 43 vittime. La cupidigia degli azionisti di allora di Autostrade, la disinvoltura di tanti dirigenti nel trattare il tema della sicurezza delle infrastrutture, la mancanza di verifiche vere perché il controllore era anche il controllato, quindi il palese conflitto di interessi, più un contratto addirittura secretato fino alle beffa finale, cioè la ricca buonuscita a chi si era fatto crollare un ponte sono esattamente la fotografia di alcuni malanni italiani.
A questi va aggiunta, e certo non è l’ultimo dei problemi, una giustizia che non può definirsi normale se promette di emettere le sue prime sentenze nel 2026, dunque otto anni dopo il disastro. E va già bene così…
Siamo di fronte a uno scenario che come minimo richiederebbe indignazione. Invece niente. Di più: Possetti deve prendere atto che nessun ministro ha trovato il tempo di fare un salto a Genova nel giorno Per Non Dimenticare. Non sono iscritto al partito di chi pensa che ogni nefandezza del mondo sia colpa dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Capisco quando la premier prova a fare da “pontiera” con Donald Trump e comprendo quando evita parole forti su Gaza: la diplomazia si nutre di una cautela che non appartiene all’opposizione (Pd e Cinque Stelle hanno già dimostrato che quando si sta al potere le cose vanno un po’ diversamente). Però sul Morandi mi sarei atteso un comportamento diverso.
Intendo dire che le 11,36 del XIV Agosto sono come il XXV Aprile, come il II Giugno e altre date indelebili nella storia bella e brutta di questo Paese. Dunque, proprio come rammenta Possetti citando Sant’Agostino, è necessario che l’Italia si riappropri della capacità di indignarsi e del coraggio di cambiare le cose. Per adesso non è avvenuto.
È vero, qualcuno sul piano personale si è mosso ed è stata persino varata una legge che trae spunto dal crollo del Morandi. Ma non basta, sono gocce nel mare. E non sono sufficienti neppure le sue parole, presidente Sergio Mattarella. Per carità: sostenere che non si può scherzare con la sicurezza delle infrastrutture è doveroso ed è giusto che il Presidente lo affermi. Se, però, predica nel deserto…
So quel che dico e so quel che scrivo: sì, l’Italia è uno splendido deserto nel quale ognuno pensa prima di tutto agli affari propri. Mi verrebbe da dire “solo” agli affari propri. Nei giorni scorsi mi è capitato di rivedere una splendida pellicola di Ficarra e Picone: “L’ora legale” è il titolo. Stanca delle solite soperchierie e porcherie, una comunità lascia il vecchio sindaco corrotto e maneggione e ne elegge uno semplicemente probo.
Quando questi, però, comincia fare le cose che aveva promesso per il cambiamento apriti cielo. Il finale è amaro: il vecchio sindaco, capace di un clientelismo senza pari, torna in sella, fra il tripudio generale. Con il giovane esponente politico arrivato da Roma per dirimere la questione che si lascia andare a una esclamazione: “Ma come cazzo vi è venuto in mente di eleggere uno onesto!”.
Ecco, il crollo del Morandi non ha fatto solo 43 vittime. Ha svelato anche l’esistenza di un Paese nel quale siccome tutti tengono famiglia si è soprattutto inclini a chiudere gli occhi. Così, tanti saluti allo sdegno per le cose che avvengono e al coraggio di cambiare quelle cose.
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IL COMMENTO
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