Siamo stati appassionati fortunati. La nostra generazione sarà forse una delle ultime a poter dire di aver vissuto ancora un’epoca del motorsport che riempirà a breve pagine e schermi. Libri e documentari, immagini indelebili per chi ha avuto la fortuna di vivere l’ultima epoca dei fenomeni vecchio stile, a due e quattro ruote.
Valentino è stato l’ultimo a resistere. Saremo nostalgici, poco obiettivi o semplicemente distanti dalla generazione “Play Station”, ma permetteteci di dire che quelli lì, i Rossi, Schumacher, Senna, Biaggi, Stoner sono altra roba.
Gente venuta su nella polvere delle piste di provincia mangiando il panino nella stagnola, senza essere allevata in laboratorio, costruita con una pianificazione maniacale. Senza metodi scientifici, senza tappe segnate dagli 8 anni di età come è ormai abitudine nel motorsport di oggi.
Solo talento puro e cristallino. Diamanti grezzi che negli anni hanno limato le imperfezioni e sono diventati leggende. Gente capace di guidare sopra i problemi, di fare qualcosa che nessun altro essere umano sarebbe in grado di fare. Fenomeni.
Rossi è uno di questi. Ha resistito fino alla fine Valentino, perché in fondo di scendere da quella moto lì mica ne vuole sapere. Perché prima di tutto è un grande appassionato drogato di adrenalina, come tutti noi. Si è arreso per evidenti limiti di età, non poteva fare altrimenti. Un momento che arriva, prima o poi, per tutti. Nonostante sia ancora a pochi decimi da chi, là davanti, potrebbe essere tranquillamente suo figlio.
Ha cambiato stile di guida più volte, è stato l’anello di congiunzione tra le ere dei motori a 2 e 4 tempi, tra meccanica ed elettronica esasperata.
Tomba ha fatto sciare una nazione, Rossi l’ha messa in moto. Ha trasformato i poster nelle camerette in qualcosa di concreto e rumoroso nei nostri garage, che a ogni messa in moto ci emoziona come la prima volta.
Lasciamo da parte il tifo da stadio che poco piace agli appassionati veri, riconoscendo la grandezza del pilota; i grandi campioni hanno sempre fatto discutere, ma d’altronde il loro mestiere è andare forte, mica raccontare le barzellette. Perché nelle corse, di solito, o vinci o sei simpatico. Stop.
Vale è andato oltre, da subito. Ha usato la comunicazione come nessuno prima di lui, con un’intelligenza che spesso andava anche oltre il suo polso destro. Valentino è stato innovazione, velocità, scaltrezza, intelligenza. E di certo avrà ancora molto da dire nel motorsport, magari a quattro ruote.
Da appassionati non possiamo fare altro che ringraziarlo per averci fatto vivere momenti di storia, nel bene e nel male. Che arrivino pure le moto e le auto elettriche nelle corse, noi avremo sempre bei ricordi da cui attingere.
Buona pensione, Signor Rossi.
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