Ieri non abbiamo voluto ‘rovinare’ il ricordo dell’anniversario dell’inaugurazione del ponte Genova San Giorgio. Ma oggi, dopo aver letto vari commenti anche di membri del Ministero delle infrastrutture che esaltavano Genova come esempio di rilancio e di concretezza, dobbiamo ricordare a tutti la realtà dei fatti.
Il Ponte è stato ricostruito in due anni ma nessuno ha pensato a cosa ci fosse prima e dopo il Ponte: oggi, per questo, siamo messi molto peggio di prima, con una situazione che non sarebbe accettabile nemmeno nel terzo mondo.
A breve chiuderanno tratti autostradali importanti, si parla di rifare ponti e gallerie ma non abbiamo un cronoprogramma di quanti anni ci vorranno per tornare alla normalità. E’ probabile, come sosteniamo da tempo confortati da molti pareri autorevoli, che ci vorranno almeno cinque anni, forse di più. E, in ogni caso, non avremo corsie di sicurezza adeguate né terze corsie.
Sui treni, che stiamo monitorando con grande attenzione in questa estate di ripresa turistica, siamo messi peggio di prima; il terzo valico è in ulteriore ritardo e ci vorrà un anno per i collaudi, per questo pensiamo che non sarà operativo prima del 2026.
Il fondamentale quadruplicamento del tratto Tortona – Milano, non è nemmeno finanziato né è completata la progettazione: questo significa che lo vedremo, nella migliore delle ipotesi, dopo il 2030. Fino ad allora il treno ‘velocetto’, quello capace di completare il viaggio da e per Milano sotto l’ora di percorrenza, resterà una chimera. Anche il raddoppio della linea Finale – Andora, ancora a binario unico, non è finanziato: chissà quando sarà possibile averlo, forse dopo il 2030-2035, se tutto va bene. Anche il nodo ferroviario di Genova è in cronico ritardo e con lui tutte le opere connesse, e il treno per Roma è in orari poco fruibili e comunque ancora troppo lento.
Arrivare nella Capitale, cuore pulsante dell’attività istituzionale del Paese, resta un viaggio della speranza anche in aeroplano. L’Alitalia naviga a vista, se così si può dire, e nell’intricata matassa del passaggio alla nuova compagnia non sappiamo se e a quali costi manterrà i collegamenti con Fiumicino: è, questo, un altro tema che poniamo con forza ormai da anni ma sembra che siamo gli unici a preoccuparcene.
Nessuno chiede la benedetta continuità territoriale, che renderebbe un po’ più lievi i nostri problemi e consentirebbe di utilizzare aiuti di Stato in modo legittimo verso l‘Europa: non riteniamo sia difficile dimostrare la nostra drammatica condizione di isolati e quindi è certo legittima la rivendicazione della ‘mancanza di continuità territoriale’.
Possiamo dunque festeggiare? Abbiamo un bel ponte, fatto in poco tempo: veniamo citati come esempio nei giorni degli anniversari. Ma ci rendiamo conto, e si rendono conto i partiti i politici e i parlamentari, della situazione nella quale ci troviamo e che le dichiarazioni di ieri suonano o come una presa in giro o come una grave ignoranza di quello che stanno vivendo Genova e la Liguria?
Dopo il dramma del Morandi, sostenemmo con forza un posizione netta e inequivocabile: “Non riportateci al 13 di agosto”. Oggi, purtroppo, possiamo affermare di essere stati riportati a una condizione persino peggiore: ecco perché ci aspettiamo dalle istituzioni e dalla politica meno retorica e più fatti. Agli automobilisti in coda sulla A10, alle merci e alle persone che ‘bucano’ l’imbarco su navi e traghetti, la consapevolezza di essere da poco transitati su un ponte costruito in tempo record non è una consolazione. Per niente.
Maurizio Rossi - Senatore XVII Legislatura
Matteo Cantile - direttore di Primocanale
cronaca
Un anno dopo il ponte dei record la Liguria si ritrova più isolata di prima
Un anniversario che collide con la preoccupante realtà dei fatti
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