cronaca

L'Italia continua a soffrire di un crollo demografico che pare inarrestabile
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 La Liguria ha perso in un anno un abitante su 10, per un calo demografico del 9,9%, il terzo peggiore d'Italia dopo quelli di Molise (-13,2%) e Basilicata (-10,3).

In particolare le province di Genova e Savona primeggiano su scala nazionale nel poco piacevole record di spopolamento: in un anno hanno perduto l'1% della popolazione. Il calo è concentrato nel Nordovest e e riguarda, oltre Genova e Savona, le province di Vercelli, Asti, Alessandria e Biella in Piemonte e quelle di Pavia e Cremona in Lombardia.
Al 1° gennaio 2021 i residenti in Italia ammontano a 59 milioni e 259 mila, -384 mila rispetto all'anno precedente. Si tratta del settimo anno consecutivo in cui si registra un calo della popolazione. Con l'eccezione del Trentino-Alto Adige, dove la popolazione è aumentata dello 0,4 per mille, tutte le regioni sono interessate da un decremento demografico.

Il fenomeno colpisce maggiormente il Mezzogiorno (-7 per mille) rispetto al Centro (-6,4) e al Nord (-6,1). Molise (-13,2) e Basilicata (-10,3) sono le regioni più colpite; tra quelle del Nord spiccano Piemonte (-8,8), Valle d'Aosta (-9,1) e soprattutto Liguria (-9,9). A livello territoriale, la provincia di Isernia è quella che evidenzia la situazione maggiormente critica, per via di un tasso di variazione che in un anno le sottrae circa l'1,5% della popolazione.

Il Covid ha causato in Italia almeno 99 mila decessi in più di quanto atteso. Secondo il Sistema di Sorveglianza Nazionale integrata dell'Istituto Superiore di Sanità, nel corso del 2020 sono stati registrati 75.891 decessi attribuibili in via diretta al Covid-19. Tuttavia l'incremento assoluto dei decessi per tutte le cause di morte sull'anno precedente è stato pari a +112 mila. "Così, se da un lato è possibile ipotizzare che parte della mortalità da Covid-19 possa essere sfuggita alle rilevazioni - spiega l'Istat -, dall'altro è anche concreta l'ipotesi che una parte ulteriore di decessi sia stata causata da altre patologie letali che, nell'ambito di un Sistema sanitario nazionale in piena emergenza, non è stato possibile trattare nei tempi e nei modi richiesti". "Se nel corso del 2020 si fossero riscontrati i medesimi rischi di morte osservati nel 2019 (distintamente per sesso, età e provincia di residenza e applicati ai soggetti esposti a rischio di decesso) - riporta l'Istituto - i morti sarebbero stati 647mila, ossia soltanto 13mila in più rispetto all'anno precedente, invece dei 112 mila registrati".