cronaca

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“Pronto? Signor Cirone, intanto complimenti per la trasmissione, vi seguo sempre. Sono Giuseppe da Manesseno. Però non ho capito il Dpcm perché io ho tre case in Piemonte ma non so qual è la prima e come mi posso spostare. Cosa mi dice? Ci posso andare nella seconda? Perché pensavo di andare nella seconda ma con la terza. Moglie. Me lo dice?”.



La telefonata è arrivata questa mattina, in diretta senza filtri, alle 10:40.



Devo inventarmi qualcosa, perché,
in effetti, il Dpcm non è chiaro, e la prendo larga.




“Gentile Giuseppe, il 2021 continua sulla sua scia di colori e dolori. L’Italia rimane suddivisa per scale cromatiche e l’incertezza sul futuro è l’unica cosa certa. Anche per noi, risulta complicato risolvere problemi come il suo. Siamo, sono ignorante.



Nel frattempo, però, siamo diventati più esperti, o meglio, crediamo di esserlo, di medici e scienziati addirittura con minore sudditanza psicologica rispetto agli esordi della pandemia.



Sintetizzo: tre sono i punti saldi che tuttora sopravvivono. Distanziamento sociale, mascherina e vaccino. La comunicazione scientifica ha assunto un ruolo primario e i nomi di infettivologi, virologi e immunologi ci sono diventati familiari.



Come in un calendario del 2021. Uno per ogni mese dell’anno.



Chi non riconosce Bassetti, Brusaferro, Capua, Caruso, Clementi, Crisanti, Galli, Locatelli, Lopalco, Pregliasco, Viola, Zangrillo? Da noi sono di casa.


A cena, li citiamo chiamandoli per nome: “Cara, mi passi la carne. Piuttosto, cos’ha detto oggi Matteo? E Ilaria? No, non la Cavo, la Capua. È sempre per l’immunità di gregge?.

 

Veda Giuseppe da Molassana. La medicina è salita sul taxi dell’informazione: destinazione casa nostra. Nonostante l’esposizione mediatica che va avanti da oltre un anno (e non sappiamo quando ce ne libereremo) non mostro segni di stanchezza e ogni sera aggiorno le percentuali (su Primocanale intorno alle 19:40) e incarico la mia mente di eliminare i dati superflui. Osservo i divulgatori scientifici collegati ciascuno da una postazione abituale: studio, ospedale, casa. Mi chiedo se sia casuale o studiata da un casting la scelta di apparire in camice bianco invece del blazer e cravatta regimental, o in gilet scuro con logo associativo (per info sugli abbinamenti: chiedere al collega Cantile)”.

 

Superata la barriera estetica, prendo tempo al telefono con l’amico Giuseppe di Molassana, e indugio ancora sulla grammatica dei gesti.



“Di ciascuno, ormai, riconosciamo ogni inclinazione del capo, movimento delle mani, profondità delle sopraciglia. A seconda di espressioni corrucciate o distese, mi aspetto cautela o rassicurazioni. I medici stessi enfatizzano l’informazione, prima ancora di propagare il verbo. Il virus ha accresciuto la loro responsabilità, rispetto a quella già enorme di vite umane da salvare. Giusto, Giuseppe?”.

“Pronto? Signor Cirone?”

“Dica…”.

“Non ci ho capito niente. La prossima volta telefono a RaiDue”.

“Bravo. Ci sono degli ottimi giornalisti. Lei chiamerà il bravo Fabio Chiucchioni?”.

“No. Veramente per avere certezze chiamerò Paolo Fox. Lei conosce il cartomante di Magalli?”.