salute e medicina

La storia del paziente curato all'ospedale di Sanremo
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“Del linfoma non avevo tanta paura dal momento in cui si ha un’esperienza di oltre quarantanni, del coronavirus ho paura. E’ un virus che si conosce poco e che si combatte da soli due mesi”. Le parole, lo stato d'animo, lo sconforto dell’uomo di soli cinquantadue anni che ha lottato contro la morte per oltre 60 giorni all’ospedale Borea di Sanremo, il nosocomio in provincia di Imperia diventato il centro di cura del Covid 19. In gravissime condizioni, parametri sballati, ventilazione assistita non dava segni di miglioramento nonostante fosse stato applicato alla lettera il protocollo ormai “consolidato” per contrastare il virus. Febbre che non scende di una linea, polmonite aggressiva che non molla la presa. Un quadro complesso.

Apparentemente senza soluzione. “Dopo settimane dal contagio – precisa Claudio De Michelis, primario di pneumologia Asl1 - il paziente non aveva sviluppato nemmeno un anticorpo, anzi, abbiamo constatato un peggioramento del quadro respiratorio e del quadro Tac, dovuto all’immunodepressione causata dalla terapia precedentemente fatta. Non avevamo altre armi a disposizione”. Da qui, la scelta, condivisa con il paziente di tentare il trattamento del plasma iperimmune. “Abbiamo contattato i colleghi di Pavia e Mantova che avevano già esperienze su questo tipo di trattamento e aqundi ci siano dati da fare per cercare il plasma che, nel caso specifico, è arrivato dal centro di Pisa”.

Una volta giunto a Sanremo è stato immediatamente somministrato al paziente. “La somministrazione della terapia – spiega il primario - viene articolata in tre giornate. Alla seconda sacca, il paziente, già dalla mattina non aveva più la febbre che non si è più manifestata. Nel giro di quattro, cinque giorni gli indici di infiammazione si sono stabilizzati, l’ossigenazione del sangue è risalita e, ad oggi, i valori sono normali”. Si tratta del primo paziente dimessi in Liguria trattato con il plasma iperimmune. 

A distanza di una settimana è stata fatta una Tac di controllo che ha evidenziato un significativo rischiaramento delle immagini. “Ora - prosegue De Michelis – lo riteniamo una relazione di causa ed effetto perché vi era una stabilità nel non andare bene che durava da tempo e appena fatta la terapia vi è stata la drastica reazione. Tuttavia tengo a sottolineare che non si tratta di una terapia che risolve tutti i casi ma si è capito che la somministrazione degli anticorpi iperimmuni ha un vantaggio nei pazienti che non hanno ancora un danno strutturale elevatissimo del polmone poiché, in questi casi, il danno non può essere recuperato. Occorre quindi individuare i pazienti nei quali la malattia non sta andando bene ma che non hanno ancora un danno irreversibile nell’organo da trattare”.