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L'ex ministro socialista è il nuovo direttore de L'Avanti!
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L'Avanti! torna in edicola. Lo storico giornale socialista si rilancia e si ripresenta in cartaceo. "Era un sogno accarezzato da tempo e siamo felici di essere riusciti a realizzarlo", ha detto Claudio Martelli intervistato a Primocanale da Giuseppe Sciortino, Matteo Cantile e Franco Manzitti.

L’ex ministro e parlamentare socialista è il direttore della pubblicazione. Il nuovo L’Avanti! è cartaceo con cadenza quindicinale, ma per il secondo numero bisognerà attendere un poco di più perché la stampa è prevista per il 2 giugno. Sono più di una cinquantina, fra giornalisti, osservatori, politici, i partecipanti all’impresa. “Il giornale non sarà organo di partito né si tratta di una operazione nostalgia, si propone di essere la voce del socialismo liberale", ha detto Martelli.

Qual è l’ambizione del ritorno per L’Avanti! dopo 27 anni di assenza.

“La nostra scelta è quella di essere un giornale di idee, di chiaro orientamento socialista ma che vuole dialogare e interloquire con mondi che non sono propriamente socialisti. Alcuni di questi nella storia antica e moderna sono stati compagni di strada dei Socialisti come repubblicani, liberali e socialdemocratici. Oggi col Pd, LeU, Emma Bonino e i radicali di Torre Argentina che sono rimasti più fedeli alla tradizione di Marco Pannella. E soprattutto con un sacco di gente che magari è un po’ smarrita – anche da parecchio tempo – e con tutti quei giovani dai 15 ai 30 anni che del Psi non hanno mai sentito parlare, che non sanno chi sono Craxi o Berlinguer, non sanno che cosa è successo in Italia negli ultimi 30 anni. Questo per me è il pubblico destinatario per L’Avanti!, spiegare mi pare la cosa più importante in una fase di grande confusione e distanza tra i giovani, la politica e le istituzioni”.

Il primo governo Craxi nel 1983 aveva a bordo 3 ex presidenti del Consiglio, un futuro presidente della Repubblica, 5 segretari di partito. Le basi rispetto agli ultimi governi erano forse più solide.

“Ora sarebbe anche ingiusto fare torto a questo governo perché il precedente era anche peggio. Se penso al governo Renzi, all’inizio un grande smalto, dinamismo e prova di energia ma nel giro di un anno o due ha prodotto un grande caos in definitiva. Quindi non appunterei rilievi soltanto a questo governo. Certo, è un po’ povero di competenze. E per quel che riguarda il caso del ministro della Giustizia Bonafede sono d’accordo nel dire che la mafia c’entra poco o nulla (sulla scarcerazione di oltre 300 condannati per reati di mafia a seguito dell’emergenza coronavirus, ndr). Le responsabilità di Bonafede sono altre, quelle di non aver preparato adeguatamente il suo ministero e in particolare l’amministrazione penitenziaria all’ondata di pandemia che ha investito anche le carceri. E’ questa la sua responsabilità. Cosi come poi, in qualche modo, ha assunto un comportamento contraddittorio e ambiguo, non nei confronti della mafia ma nelle intenzioni. Il Ministero della Giustizia è il più politico tra i dicasteri, me lo ha insegnato Mitterand, perché affronta sempre dossier molto delicati. Bonafede non c’entra con la mafia ma con la sua incompetenza”.

Al di là del tema della giustizia e di Bonafede, Martelli nel suo libro ‘L’antipatico’ descrive il decisionismo di Craxi in diverse fasi del suo governo. L’attuale governo quindi può dirsi un altrettanto decisionista visto che Conte è stato additato come accentratore.

“Il confronto con Craxi rischierebbe di essere troppo duro per Giuseppe Conte. Là c’era in decisionismo che era sostenuto da una larga base parlamentare e da una affiatata compagine governativa, tutti con un enorme pedigree politico alle spalle. Questa compattezza ha consentito la durata del governo più lungo della ‘prima Repubblica’, quattro anni interi con grandi risultati economici, di prestigio internazionale e avviamento di politiche molto innovative. Questo governo non ha quelle qualità, non ha quella robustezza, non ha quella leadership ed è inutile nasconderselo. Non ne faccio neanche una gran colpa a Giuseppe Conte. E’ un avvocato amministrativista che non si era occupato mai direttamente - o in modo molto impegnato - di politica come lui stesso ha detto. Non ha alcuna esperienza politica, non ha mai fatto neanche il segretario di una sezione o il consigliere comunale. E’ tutto legato all’illusione grillina che ha mutuato una frase di Lenin: ‘Creeremo un sistema un cui anche una cuoca potrà governare’. Era già una cazzata quando la diceva Lenin, sentirla oggi fa ancora più impressione, in un mondo così complesso in cui si richiedono tante competenze. Conte più parla, più dà l’impressione di annaspare. Se limitasse il soliloquio a poche cose e lasciasse la parte tecnica ai collaboratori o ad altri ministri sarebbe molto meglio”.

Il congresso del Psi a Palermo nel 1981 rappresenta una data spartiacque per il modo di affrontare la politica: il congresso diventa più una convention, con più ritmo e la colonna sonora, ‘Viva l’Italia’ per l’occasione. Ascoltando oggi quella canzone che ricordi riaffiorano…

“Mi viene in mente che eravamo davvero bravi, davvero innovatori. Avevamo il senso del tempo, ed eravamo in sintonia col tempo. Del resto un anno dopo, alla conferenza di Rimini, intitolammo il programma del Partito Socialista con una espressione che fece strabuzzare gli occhi a tutti gli altri: ‘Governare il cambiamento’. Oggi è cosi di moda un sovranismo che non è una forma di nazionalismo ma di provincialismo. Si pensa che il rapporto con gli stranieri sia soltanto sputare addosso a tedeschi, francesi, inglesi con i quali abbiamo costruito l’unica vera grande rivoluzione politica del dopoguerra che è l’Unione Europea che – piaccia o non piaccia – è l’unica vera grande novità. Mi domando dove saremmo adesso senza la Ue e in quali condizioni ci troveremmo. Piccoli paesi non saranno mai in grado di competere con la Cina o gli Usa. Lasciamo a Di Maio l’illusione di poter trattare da pari a pari con la Cina”.

Come nacque decisione di far diventare Sandro Pertini presidente della Repubblica?

“Craxi propose una rosa di candidati socialisti in cui non c’era Pertini che all’epoca era presidente della Camera. Non c’era per rispetto alla sua persona e perché era la carta da tenere in serbo. Al Partito comunista non andava bene nessuno tra i 5 nomi fatti da Craxi e proponeva invece Pertini. Chi esitò in realtà fu Pertini stesso perché non voleva affatto finire in un fiasco. Sapeva perfettamente che se la sua candidatura fosse stata sostenuta soltanto da Pci e Psi non sarebbe stato eletto. Quindi aspettò che prima ci fosse il consenso anche della Democrazia Cristiana, partito di maggioranza relativa, per accettare la candidatura e venne eletto così alla quasi unanimità”.

Genova in passato è stata la città delle grandi partecipazioni statali e della grande industria, oggi al di là delle ultime tragedie che città le sembra.

“E’ una città che ha la forza e il coraggio di risollevarsi sempre, capiti quel che capiti. Genova e i genovesi hanno una tempra forgiata nei secoli. Genova forte e coraggiosa, una città che non si arrende. E del resto è la patria dei due più grandi italiani: Mazzini e Garibaldi. Anche nella spedizione dei Mille Genova conta tanto, dalle navi date a tanti combattenti. La Genova che ricordo è quella di un lungomare indimenticabile, le sue piazze belle e di quella vista dal mare così bella che incantò il più grande scrittore italiano del ‘900, il milanese Carlo Emilio Gadda, che raccontava ai milanesi quanto l’architettura genovese fosse superiore a quella di Milano. E lo ha insegnato anche a me”.