
Una delle riscoperte che mi ha fatto più piacere è quella delle botteghe di quartiere. Besagnine, macellai, salumieri che sono tornati agli antichi splendori nei giorni bui dell’incomunicabilità, sancita per decreto o come si dice, orrendamente oggi, per Dipiciemme (DPCM). Alcuni hanno attivato efficienti servizi di consegna a domicilio nelle case del vicinato, altri hanno convinto sfruttando due elementi impareggiabili: la qualità del prodotto a chilometro zero e, soprattutto, la capacità, magari sotto le mascherine, di scambiare due parole con i clienti. Anche se a oltre un metro di distanza.
Siamo in tanti a avere riscoperto i negozi di quartiere, anche nei piccoli paesi dell’entroterra dove troppo spesso sono stati costretti a chiudere i battenti, schiacciati dalla concorrenza del “tutto presto”. Quelle botteghe che, la dimostrazione è proprio in questa sventura, Gilberto Volpara e Sergio Rossi hanno difeso a Primocanale puntata dopo puntata di Viaggio in Liguria, raccontandoli come unici presidi civici in alcune località che rischiavano l’abbandono.
Vale per i paesini, ma vale anche in città. I negozi di quartiere sono presidi importantissimi per la sicurezza sociale degli anziani, come lo erano le portinaie negli incantevoli gialli dove il commissario Maigret, tra un uovo sodo e un Calvà nei bistrò di Montparnasse, scopriva i malfattori solo con due chiacchiere davanti a un gabbiotto di vetro dove era seduta a far la maglia una vecchia signora. Apparentemente distratta, ma curiosa e attentissima alla vita.
IL COMMENTO
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