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Il capo politico reggente del M5s rilancia con un election day
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Rinviato il Referendum sulla riforma che introduce il taglio dei parlamentari. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nel corso della conferenza stampa al termine della riunione del Consiglio dei ministri, ha confermato l'indiscrezione che girava nelle stanze di Palazzo Chigi da qualche giorno. "Abbiamo deliberato di rinviare il referendum costituzionale. Bisognava fare chiarezza sul punto e abbiamo valutato l'opportunità di rinviarlo ma non c'è ancora la data. Per ora si tratta di un rinvio sine die", ha detto alla conclusione del vertice.

"Volevo sentire i comitati" per il referendum "ma non ho avuto neanche un piccolo spazio per interloquire con loro. Abbiamo valutato in Cdm su proposta del ministro dell'Interno la situazione dal punto di vista tecnico sulla fattibilità o meno del referendum. Mi riprometto di sentire i vari comitati per tornare su questa decisione perché si tratterà di trovare un'altra data", ha proseguito il presidente del Consiglio.

Una indicazione sulla possibile data arriva comunque dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà. "Il Governo ha deciso di rinviare il Referendum del 29 marzo per garantire un'efficace campagna referendaria e adeguata informazione ai cittadini. La nuova data sarà decisa entro il 23 marzo e cadrà in una domenica tra il 50esimo e il 70esimo giorno dall'indizione", ha confermato il titolare del dicastero.

Il 23 marzo, infatti, scadono i 60 giorni dal giorno della dichiarazione di ammissibilità del Referendum da parte della Corte costituzionale. Quindi, entro quella scadenza il governo deve fissare una nuova data, che cadrebbe tra il 50simo e il 70simo giorno successivo alla sua indizione. In ogni caso, sarà necessario un provvedimento normativo per l'eventuale accorpamento del Referendum alle Amministrative (a primavera si vota per il rinnovo di circa 500 Consigli comunali) mentre, per quanto riguarda le Regionali, le giunte in scadenza sceglieranno autonomamente la data e l'allineamento alle altre consultazioni (la Valle D'Aosta ha già indicato il 17 maggio).

Intanto il capo politico reggente del M5S, Vito Crimi,
rilancia con un election day. "Siamo in una situazione di grave emergenza economica, stiamo cercando di recuperare ogni euro disponibile per le famiglie e le imprese e non possiamo permetterci che il referendum sia un costo aggiuntivo. Cercheremo di ottenere l'accorpamento di ogni elezione da qui a giugno in un'unica data", ha detto Crimi parlando del rinvio del referendum sul taglio dei parlamentari, ma non solo. "Non possiamo permetterci di sprecare un solo euro, perché devono essere destinati ad altro".

Un secco 'no' all'accorpamento con le Regionali
arriva per direttissima dai senatori Andrea Cangini, Tommaso Nannicini e Nazario Pagano che hanno promosso la consultazione. "Ci aspettiamo che i promotori del Referendum e i comitati già attivi siano convocati quanto prima per discutere della possibile nuova data, Sarebbe molto grave se il governo decidesse di accorpare il Referendum con le elezioni regionali. Non sarebbe accettabile una consultazione referendaria con un'affluenza a macchia di leopardo e soprattutto la confusione che si creerebbe per la sovrapposizione tra campagne elettorali così diverse tra loro. Non è un caso che nella storia repubblicana i Referendum costituzionali non siano mai stati accorpati ad altre consultazioni", hanno commentato.

Per il promotore del Comitato "Il sì delle libertà", Pietro Paganini, "il rinvio del Referendum è necessario e doveroso, data l'emergenza che stiamo affrontando. E' un dato di fatto che, allo stato attuale, non ci siano le condizioni tecniche ed emotive per garantire ai cittadini la partecipazione. Tuttavia è un pessimo segnale che diamo all'esterno e a noi stessi, ed è anche un pericoloso precedente a cui in futuro ci si potrà appellare per ritardare o cancellare altre elezioni. Fatico a comprendere il giubilo e le celebrazioni dei Comitati del No che chiedono il rinvio da molto prima della diffusione del Coronavirus: il loro è un triste sciacallaggio camuffato di moralismo pubblico".

Contraria all'election day anche la Fondazione Einaudi.
"Qualora il Governo intendesse proporre un accorpamento con elezioni amministrative, i nostri costituzionalisti e gli avvocati sono già al lavoro per valutare tutti i possibili ricorsi avverso tale gravissima violazione delle basilari norme democratiche. Infatti al danno della mancata assicurazione di adeguata informazione attraverso i media, ad iniziare dalla Tv pubblica, si aggiungerebbe la beffa di un referendum che sarebbe inevitabilmente travolto dalla battaglia tra i partiti. La Fondazione Einaudi ha inteso promuovere una iniziativa anzitutto culturale e riteniamo che tale debba rimanere. Precedenti e norme di legge sembrerebbero comunque non consentire il ventilato accorpamento", si legge in una nota.