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Rumors su Carfagna vicina a Meloni, Cav al lavoro per elezioni anticipate
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Calma apparente. Il travaglio interno a Forza Italia è solo sopito e Silvio Berlusconi dalla Sardegna lascia decantare, osservando con un occhio la coda della tempesta nel partito azzurro e con l'altro lo stato di salute nel governo. L'ordine di scuderia, arrivato direttamente da Villa Certosa sui cellulari dei senatori forzisti è "mettere in atto quanto è possibile per far cadere l'esecutivo" di Giuseppe Conte.

Il messaggio che deve essere dato è quello che Forza Italia non è una stampella della maggioranza, come invece ha certificato Fratelli d'Italia. Ne è la prova, spiegano fonti autorevoli azzurre, la decisione del partito di Giorgia Meloni di astenersi sul voto di fiducia al decreto legge Sicurezza Bis, in pratica un "vorrei ma non posso" essere in maggioranza. Il Cav invece vuole prendere le distanze, mettere in difficoltà il governo anche solo dando una 'spintarella' verso la crisi. È questo l'obiettivo che ha guidato la decisione del gruppo a palazzo Madama di essere presenti in aula, per non far abbassare il quorum, ma nello stesso tempo non partecipare al voto.

Linea che ha convinto tutti, anche i cosiddetti 'totiani' che hanno seguito le indicazioni del gruppo dopo l'ok dallo stesso governatore della Liguria: "E' difficile votare la fiducia a un Governo che ha fatto proprie molte delle peggiori politiche grilline, ma quello che riguarda la sicurezza degli italiani deve essere guardato con rispetto anche dalle opposizioni. Bene dunque non partecipare al voto, come avevamo detto fin dal primo momento, in modo da consentire pur senza indulgenza verso il Governo, che il Paese abbia più sicurezza", ha scritto Toti. Lo stesso, molto probabilmente sarà fatto con le mozioni sulla Tav, con un 'no' secco a quella a firma 5Stelle, nel tentativo di costringere la Lega a dimostrare che esiste un'altra maggioranza pronta a guidare il Paese, facendo fede al mandato degli elettori del centrodestra del 4 marzo del 2018. E' il piano nell'immediato del leader azzurro che con una crisi di governo è certo di ricompattare anche il partito.

Il voto anticipato, è questo il ragionamento, non farebbe altro che serrare le fila "perchè nessuno si avventurerebbe a due mesi dalla chiamata alle urne, con un nuovo partito o movimento". Resta il fatto che, mentre con Giovanni Toti i rapporti si sono chiusi, anche in modo violento, il chiarimento con Mara Carfagna ancora non c'è stato. Ma è solo in stand by, assicurano. Berlusconi è rimasto colpito e deluso, raccontano, dalle dichiarazioni bellicose dell'ex coordinatrice nazionale, e attende un passo in avanti da parte sua, una sorta di atto di fedeltà che cancelli gli attacchi delle ultime settimane.Intanto però lo scontro interno si ciba di continui veleni tra cerchio magico e 'scontenti'.

Il governatore della Liguria non ha ancora stracciato la tessera del partito, con il solo intento di succhiare dall'interno parlamentari che poi faranno parte del suo 'Cambiamo', il movimento costola di Fi che andrà in appoggio al Carroccio. Sul fronte Carfagna invece si fanno insistenti le voci di un contatto con Meloni. Secondo i rumors la vicepresidente della Camera, che ha rifiutato il posto nel direttorio a cinque, avrebbe discusso la possibilità di dare vita a una federazione, nella quale porterebbe un movimento tutto suo con al seguito circa 10 parlamentari. Il tutto in accordo con lo stesso governatore della Liguria. Un'ipotesi smentita da entrambi i fronti, anche perché da parte della deputata azzurra il refrain è quello di 'restare nel partito' per trovare una strada di cambiamento al suo interno.

La tensione quindi è tutt'altro che scemata, si parla di spillette di Forza Italia lanciate dopo una discussione accesa sulle cariche da assegnare in vista del congresso e di incontri, lontani dai riflettori di palazzo Madama, tra uomini ormai vicini a Toti, come Paolo Romani, e Massimo Mallegni, catalogato tra gli indecisi e chiamato a prendere posizione. E in fretta.