cronaca

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Anche se ci vorrà un quarto processo per stabilire se Marta Vincenzi e i suoi coimputati sono colpevoli pure dei reati che la Cassazione ha cancellato, rinviandone il giudizio a un’altra Corte d’Appello, io credo che l’ex sindaco di Genova, una pena severa la stia già scontando. E’ quella delle condanne di primo, secondo, terzo grado già subite e l’attesa di quest’ultimo quarto grado di giudizio per calcolare il verdetto sui falsi che la Suprema Corte vuole rivedere.

E’ un fatto che da otto anni questa ex amministratrice pubblica di Genova, già presidente della Provincia, già europarlamentare e poi prima cittadina per cinque anni e leader politico potente e mediaticamente forte, tanto da essere stata chiamata addirittura Supermarta subisce, giorno per giorno.

Nel presupposto della colpevolezza per quel terribile reato che le è stato riconosciuto di omicidio colposo plurimo Marta Vincenzi vive la sua pena da anni. Ha lasciato ogni impegno pubblico, ha cancellato ogni ruolo che aveva nella società civile di cui era una protagonista. E’ isolata nella sua condanna preventiva da tempo.

Si potrà dire che questa non è la pena in caso di colpevolezza, ma solo l’attesa di essa. Si potrà dire che il processo ha un suo svolgimento, crudele se vogliamo, nella lunga attesa dei gradi di giudizio.

Ma si dovrà anche ricordare che questo è il primo caso in Italia di un primo cittadino condannato per una fattispecie come quella che con l’esondazione tragica del Ferrggiano ha portato morte e distruzione in quella parte di città.

Qual è il confine della responsabilità rispetto alla Protezione Civile e ai suoi allarmi di un sindaco? Quali misure sono nelle sue mani con la possibilità di chiudere la città e le scuole davanti alla catastrofe annunciata? Quali erano otto, quasi nove anni da quando l’affinamento degli allarmi non era così preciso?

Non credo che tutto questo sia stato chiarito da sentenze precedenti, dalla giurisprudenza e penso che la Vincenzi abbia pagato anche al di là delle sue responsabilità una indeterminatezza della disciplina.
La responsabilità politica e la responsabilità tecnica: dove passa il confine?

Un altro processo molto simile ha nei giorni scorsi mandato assolta un’altra amministratrice ligure, l’ex assessora regionale ligure Raffaella Paita, dello stesso partito Pd della Vincenzi, in una situazione molto simile: un fiume esondato, una vittima, una tragedia, un allarme non sufficientemente dato. I casi sono diversi, ma i principi del giudizio non molto distanti. 

Arriverà il quarto processo , chissà quando, e magari ridurrà la portata della pena e salverà Marta Vincenzi dalla prigione, non dal peso della condanna principale, alla quale si era già rassegnata, preparando la valigia per farsi rinchiudere in carcere.

Ma il tempo che ancora passa e quello che scorrerà dopo sono già una pena. Lo diciamo con il massimo rispetto per il dolore immenso delle famiglie che quell’onda maledetta di fango e acqua ha privato dei loro cari provocando un dolore che neppure cento processi e cento condanne potranno lenire. Lo diciamo ben sapendo che avere giustizia è un diritto sacrosanto, una goccia per lenire quel dolore incalcolabile.