Avevano creato una catena di montaggio dello spaccio: c'era il corriere, la vedetta, il depositario e il pusher. Centinaia di cessioni di crack, hashish, marijuana gestite da centrafricani in maggioranza richiedenti asilo. Spacciavano davanti alle scuole e ai centri ricreativi, in pieno pomeriggio, tra i bambini che giocavano a pallone per strada, nei vicoli del centro storico e in particolare nella zona di piazza San Sepolcro. In molti casi vendendo dosi di droga anche a minorenni. Gli agenti della squadra mobile di Genova e del commissariato Centro hanno sgominato una banda di 13 persone, tra i 20 e i 30 anni, del Senegal e del Gambia, con la tecnica dell'arresto ritardato.
I pusher non sono stati arrestati in flagranza di reato, ma sono stati monitorati per settimane, pedinati, fotografati e ripresi da telecamere posizionate nel centro storico genovese e dopo due, tre cessioni di stupefacente venivano arrestati. Nel corso delle indagini gli agenti hanno documentato oltre 60 cessioni di droga, hanno sequestrato oltre 180 dosi di crack e 40 grammi di marijuana, mentre 30 clienti sono stati segnalati alla prefettura. L'operazione, denominata Labirinto 2, è la prosecuzione di una analoga indagine che aveva portato lo scorso dicembre all'arresto differito di 23 persone. Due dei 13 erano già finite in manette a dicembre e dopo essere stati scarcerati erano stati sottoposti al divieto di avvicinamento nel centro storico. Il divieto è stato violato e i due sono tornati in cella.
I richiedenti asilo che non vengono impiegati in attività finiscono per spacciare droga. Lo pensa il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, a seguito dell'operazione antidroga compiuta in città che ha portato all'arresto di 13 pusher, 6 sono richiedenti asilo. "Abbiamo notato - dice Cozzi - che nel caso di richiedenti asilo che fanno riferimento a centri che non li impiegano in attività vi è propensione a spacciare. Ci sono centri 'buoni' e altri senza programmi. Le attività sono il migliore deterrente per i reati".
Il procuratore ha anche sottolineato che i richiedenti asilo arrestati preferiscono scegliere il processo con rito ordinario perché "in questo modo si dilatano i tempi e non hanno problemi con la richiesta d'asilo". Gli arrestati nell'operazione del dicembre scorso andranno a processo il prossimo ottobre.
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