politica

Bisognerebbe che il sistema fosse spiegato
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 E ci credo che la percentuale dell’astensionismo cresce ad ogni sondaggio, che il numero degli indecisi è la stragrande maggioranza, che ogni inchiesta spalanca l’abisso della confusione, perfino del pudore scontroso, di fronte alla domanda: lei va a votare, lei sa come si vota?



Lo avranno chiamato Rosatellum, ma quello che ci hanno annacquata è proprio la chiarezza del sistema elettorale. Un labirinto, un cruciverba, un geroglifico. Questa è poi solo l’introduzione alle elezioni, le più confuse, le meno attraenti, le più divisive della nostra storia repubblicana. Perché poi tutti strombazzano che intanto non vince nessuno, che non ci sono possibili candidati premier da indicare subito, che si deve passare per le alleanze che non si chiamano neppure così, ma direttamente “inciuci”, tanto per chiarire meglio il quadretto che ci aspetta.


Insomma voteremmo il cruciverba per eleggere forze politiche che poi cucinano fumosi inciuci allo scopo prevalentemente di preparare un’altra legge elettorale che in tre mesi ci porti davanti a un altro meccanismo, magari un po’ meno “rosato”, con il colore di sfondo più chiaro. Chissà….
Come si fa a uscire da un labirinto che descritto così, in termini espressamente estremi, respinge l’elettore, esaspera, allontana?


Tanto per cominciare a uscire da questa sindrome che i partiti rifiutano, perché sono troppo impegnati a districare la loro matassa che è quella delle candidature da infilare nel dedalo, bisognerebbe che il sistema fosse spiegato continuamente e insistentemente. Questo è il primo dovere dei partiti, di tutti i partiti che dovrebbero sprecarci molte energie. Se no chi lo fa? Primo Canale ha già cominciato e il professor Lorenzo Cuocolo lo ha fatto con grande chiarezza nella trasmissione di lunedì scorso, lavorando su fac simile di schede, che non sono quelle ufficiali non ancora colpevolmente diffuse, ma sufficientemente esplicative, un filo di Arianna nel labirinto. E lo farà ancora perché è anche in questo che un servizio pubblico si deve impegnare.


E non vale la spiegazione che poi dopo, quando l’elettore si trova nella cabina con le due schede davanti, il problema lo risolve in qualche modo. Un segno lo traccia, una strada la trova tra il proporzionale e l’uninominale, evitando la trappola del voto disgiunto.
Tutti dovrebbero essere messi nelle condizioni di guardare al giorno del voto, a quell’appuntamento con la scheda, con il proprio diritto-dovere di esprimersi nella serenità di saper votare senza il timore di finire in una trappola.


Certo che poi è la sostanza che conta oggi più che mai, in un quadro politico tanto ingarbugliato, con la testa piena di promesse esagerate, di fake news, di passaggi di campo, di incertezze perfino esistenziali sulla tenuta della nostra democrazia, del suo sistema.
Ma la sostanza si raggiunge con un atto formale che si deve compiere semplicemente.


La prossima sarà la settimana delle candidature e ci sarà da divertirsi a scoprire come sono stati sciolti i nodi dei partiti e dei movimenti, i prescelti, gi esclusi e quelli estratti dall’urna indeterminata del web. Non ci facciamo distrarre troppo solo da questo, spieghiamo bene come votare e quali conseguenze avrà il nostro segno su quelle schede nella costruzione di maggioranze che ci hanno detto non ci saranno e di alleanze che quelle sì sono un labirinto. Per il cittadino conta prima di tutto fare il suo dovere e non spaventarsi o allontanarsi ancor prima di farlo, magari perché non ha voglia di entrare nel labirinto senza avere in mano il filo di Arianna. Sarà un disastro se la percentuale dei votanti galleggerà tra il 60 per cento e il 70.

Un’apocalisse. Chiarire forse banalmente come si vota può almeno ridurre quel gap tra chi partecipa e chi sta lontano.