cronaca

Il tormentone dell'estate
5 minuti e 38 secondi di lettura
 Il tormentone dell'estate genovese, dopo che sono passate le elezioni e il loro rivoluzionario risultato, è senza dubbio  la trattativa per la vendita del Genoa, che starebbe per passare dalle mani di Enrico Preziosi a quelle di un gruppo di investitori di un fondo internazionale made in Londra.



Questa trattativa, che ha già nomi e cognomi, è diventata inevitabilmente un tormentone
, perchè dopo essere stata misteriosamente annunciata ed avere visto saltare fuori i sospiratissimi nomi del capo del fondo, Giulio Gallazzi e perfino del presunto possibile futuro presidente, Beniamino Anselmi, due conoscenze di un mondo di mezzo della finanza genovese-londinese, si è impantanata. Poi, attraverso un comunicato ufficiale del Genoa, è riemersa dal pantano, con l'annuncio di un prossimo passaggio che “chiarirà i tempi” di questa trattativa.

Non siamo esperti di compravendita di società di calcio, ma da umili cronisti e da genovesi affezionati ai cespiti della città, dei quali il glorioso Cricket and Football Club fa parte, siamo  incalliti osservatori delle vicende che animano la nostra per altro un po' ferma città.

Il tormentone è incominciato con la sbandierata intenzione di Preziosi di cedere la società, dopo tanti anni di impegno suo, della sua famiglia, del suo gruppo e lo storico record di permanenza in serie A.


Certo: la spinta alla decisione sono state le contestazioni dell'ultima stagione non certo felice, gli striscioni perfino sotto il suo ufficio a Cogliate, dove la Giochi Preziosi ha la sua base. Quante volte avevamo già assistito alla scena del presidente che annuncia la sua smobilitazione? Abbiamo visto comparire misteriosi cinesi in tribuna d'onore e seguito, con una certa ilarità, la danza sotto la gradinata di una trasferta, nel penultimo campionato, di mister Lee, un altro signore con gli occhi a mandorla, portato dal presidente alla partita, con la sottointesa voce che fosse un possibile acquirente.

 Non solo si guardava alla via della seta per il nuovo padrone delle maglie rossoblù, ma sono comparsi anche energici o sottili brasseur d'affaire di calcio italiani, come LoMonaco o come Rosati, perfino insigniti del ruolo di superdirigenti o di vicecepresidenti in attesa di....? Di fare i presidenti, ovviamente, e i padroni della società.

Così, quando a inizio estate l'intenzione della vendita ha preso le spoglie, come possibile interlocutore, di Cellino, ex Cagliari, l'idea che il tormentone fosse veramente partito è stata più che una impressione.

La pista Cellino si è persa  tra giugno e luglio, alle prime vampate di calore, quando sulla scena è comparso lo Srigroup del bolognese cinquantenne Giulio Gallazzi, tanto accreditato da essere stato seduto nel cda di Carige e subito, o quasi, affiancato da altri nomi di referenti del suo fondo, con la figura di spicco di Beniamino Anselmi, piacentino, possibile futuro presidente, un po' ageè, essendo un settantacinquenne, ma già pronto a recarsi in visita nel Museo del Genova.

Tormentone è rimasto, perchè da fuoco artificiale delle rivelazioni su questi nomi, ed altri, la trattativa è diventata uno scoppiettio sempre più in sordina, fino a un' ipotesi di rinvio a settembre, manco ci fosse stato una scolastica rimandatura.

E il tutto mentre il pres si dava da fare in quella che è la sua attività preferita, la sua passione fondamentale, la sua libidine vera: il calcio mercato e, tra l'altro, un calcio mercato frizzante, con “colpi” come Bertolacci e Lapadula, operazioni estere a sensazione, con avvitamento all'indietro, come il tango con l'argentino Centurion, un ex, preso e poi rimollato a Buenos Aires.

La trattativa-tormentone appassiona la città, ma la fa restare alla finestra, perchè il Genoa è una materia incandescente nella quale le lobbyes zeneisi, i corridoi finanziari ed anche i fronti imprenditorial-commerciali si sono sempre chiamati fuori. Dopo la presidenza Scerni, che è stata un blitz per un certo mondo capitalistico-borghese di casa nostra,  il Criket, come lo chiamano i vecchi genovesi, è stato molto lontano anche dai discorsi più segreti del classico establishment.

 Materia proibita, dove solo Aldo Spinelli si era cimentato negli anni Ottanta-Novanta, fino a scottarsi con la contestazione. Poi erano stati solo il famigerato Dalla Costa e proprio Enrico Preziosi a cavalcare il Vecchio Grifo. E Preziosi, dopo un burrascoso incontro, organizzato alla Associazione Industriali dall'allora presidente Stefano Zara, se ne è stato ben distante da Genova e dai bigs genovesi. Fatto salvo un folgorante  feeling con il presidente di Carige, il famigerato Giovanni Alberto Berneschi ( e conseguenti affari),  poi finito malissimo, il presidente ha sempre vissuto lontano dalla città, a parte i blitz a Pegli e a Marassi. Genova per lui non è stata altro che quella tribuna d'onore, villa Rostan e il Signorini. Nada mas. Manco un caffè da Mangini a Corvetto, semmai solo i pranzi scaramantici all'Ippogrifo.

Ha fatto epoca la sua cena con Spinelli di fine stagione 2016-2017, ma li eravamo veramente all'inizio del tormentone. Per questo i presunti fili da annodare tra questa trattativa, pendente con Gualazzi e Anselmi, e Carige di Malacalza sono molto evanescenti.

Le voci che si rincorrono nel parterre parlano di una perplessità di partenza dello stesso Preziosi nei confronti di Srigroup e della effettiva solidità degli investitori. Da qui al rinvio a settembre e al tira e molla sul “matrimonio che si fa in due”, come ha sentenziato Gallazzi, il passo è stato breve.

Genova è alla finestra perchè il calcio è una materia lontana dagli interessi del suo stratificato zoccolo duro di imprenditoria residuale, di uomini d'affari, di grimpeurs sociali oramai semi scomparsi nella risacca del proprio modello di sviluppo in decadenza-mutazione.

Il Genoa poi, in particolare, è sempre stato qualcosa di troppo pericoloso, quasi viscerale nell' humus genovese, come se la matrice inglese e ottocentesca allontanasse qualsiasi appetito  e richiamasse solo gli Sos per salvataggi estremi, messi in piedi in situazioni d'emergenza, come quando si muoveva niente meno che il cardinale Giuseppe Siri o quella Presidenza degli Industriali, che oggi è così lontana da business simili. Come se il brand storico rossoblù funzionasse nel mondo ma per nulla sotto la Lanterna.

Finirà il tormentone e incomincerà la trattativa vera, come i tifosi un po' disincantati e divisi tra chi aspetta fiducioso e chi vuole ancora tenersi il Joker, vorrebbero sapere?

Deve finire il mercato del calcio e si deve dipanare tutta la matassa dei business di Enrico Preziosi, i suoi equilibri nella holding finanziaria di famiglia. Il mercato è il motore del presidente. I business sono il suo equilibrio economico. Il Genoa sta in mezzo. In teoria Preziosi non potrebbe fare a meno del suo giocattolo vero. Ma gli anni passano e i bilanci economici anche.