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Da Avvenente a Rasetto i dem genovesi vuotano il sacco
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Ricostruire, rifondare, ripartire, riunire, ascoltare la gente, mettere da parte i personalismi. All'assemblea del Pd genovese, la prima dopo la disfatta alle comunali, i verbi in voga sono sempre quelli. Dopo le dimissioni di Terrile arriverà probabilmente un commissario, come vogliono i renziani e come successe nel 2015 dopo le regionali, non appena Vattuone avrà ottenuto il benestare della segreteria nazionale. Stavolta, però, non è come le altre. Perso Tursi, anche chi finora se n'è stato tranquillo alza la voce. E lancia pesanti accuse ai pezzi grossi del partito. 

Per molto meno fu linciato nel 2013 Victor Rasetto, quando Marta Vincenzi e Roberta Pinotti persero le primarie in favore dell'outsider Marco Doria (che comunque vinse le elezioni). L'ex segretario provinciale va a ruota libera: "Dal 2012 sbagliamo analisi politica in questa città. Tutti i nodi vengono al pettine. Inutile girarci intorno, questo è il tema: abbiamo governato male per troppo tempo. Quando ci vuole sviluppo e la città è immobile, quando ci vuole decoro e sicurezza e la città non è decorosa né sicura, quando le tasse sono troppe e si affaticano le imprese, questo è quello che succede. E rispondere col richiamo della foresta, l'antifascismo e l'alleanza storica con la sinistra, non basta più". 

Poi c'è Mauro Avvenente, dal Municipio Ponente alla Sala Rossa. "È una disfatta, la gente ha voluto mandarci a casa", chiarisce subito. Poi fa la sua analisi, con tanto d'occhi e metafore cristalline. "Se nei quartieri collinari, che sono sempre stati il nostro bacino maggiore, la Lega vince col 25%, ci sarà una ragione o no? Bisogna affrontare la realtà per quello che è, anche i tabù intoccabili. Quando si parla di immigrazione a qualcuno vengono i brividi nella schiena. È impossibile gestirla com'è stato finora. Perché poi i disagi non li vivono in Albaro, ma dove ci sono già disagi".

Già, l'immigrazione: chi ne ha sentito parlare in campagna elettorale? E qui arriva l'aneddoto di Avvenente: "Quando abbiamo iniziato a capire come poter impiegare questi ragazzi nei municipi, abbiamo chiesto la disponibilità per fargli fare lavori socialmente utili. Lì è uscita tutta una teoria filosofica di certi dirgenti comunali che ci hanno detto: dare la pittura alle panchine? C'è il rischio chimico. Mi sono caduti gli ultimi due capelli che avevo. Rischio chimico per la pittura ad acqua? Ma questi ragazzi arrivano da guerre, cose terribili. Siamo riusciti a elaborare questa cosa e li abbiamo rinchiusi da qualche parte...".

E mentre tra i capi del partito è ancora la sagra dell'autocritica, dove ognuno dà la colpa a un "noi" mai precisato, uno dei pochi 'mea culpa' personali arriva da Terrile, che mentre conferma le dimissioni irrevocabili dice: "Non ho saputo imprimere a quest'amministrazione un cambio di rotta". La stessa Cristina Lodi, del resto, ammette che Doria bisognava farlo cadere prima, già nel 2013, e tentare così di salvare la faccia. Tra poco arriverà l'Ermini di turno, anche se gli orlandiani spingevano per una gestione collegiale temporanea che rappresentasse le varie correnti. 

Nel frattempo i democratici genovesi potranno guardare il mondo da una prospettiva diversa: quella dell'opposizione. "Ma che non sia come in Consiglio regionale - avverte Rasetto bacchettando tra le righe Raffaella Paita - dovrà essere un'opposizione costruttiva. Se Bucci proporrà cose sensate bisognerà votare a favore. È l'unico modo per recuperare credibilità in vista delle prossime elezioni".