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Il nuovo presidente degli industriali: "Porterò positività"
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La lotta all'isolamento, prima di tutto. Con un mix di attività economiche che non escluda né il turismo né l'industria. E un obiettivo ambizioso: ripopolare la città. La rivoluzione silenziosa di Giovanni Mondini, appena eletto presidente di Confindustria Genova, non è fatta di grandi progetti (quelli "sono già sul tavolo", ripete più volte), ma di grandi traguardi: riportare la città a 800 mila abitanti, invertendo la tendenza demografica. Una ricetta da seguire in posizione primaria, cercando di influire sulle scelte strategiche ma senza stravolgere l'organizzazione interna degli industriali. Mondini ne ha parlato a Primocanale in un'intervista a Mario Paternostro.

È la svolta?
Lo vedremo. Abbiamo buoni propositi, tanto entusiasmo ma anche consapevolezza di un ruolo importante. Siamo consapevoli che l’impegno sarà gravoso, ma partendo dal presupposto che Confindustria Genova è una struttura che funziona, sicuramente ha bisogno di rinnovamento, ma nessuno deve avere la presunzione o il diritto di cambiarla. I servizi alle aziende vengono svolti al meglio. Sulla funzione di rappresentanza ognuno può fare qualcosa.

La sua sarà una Confindustria più politica, più presente nelle decisioni delle città?
Nelle scelte, più che nelle decisioni: potessimo decidere… Certo, mi auguro che Confindustria possa incidere. Mi sembra prioritario provarci.

Veniamo al programma. Mi pare che uno dei primi punti sia il problema dell’isolamento della città: difficile andare a Milano, a Roma, difficile andare in aereo. Cosa farete?

Riprenderemo i temi, molti sono già sul tavolo. Non ci vuole una mente illuminata, l’isolamento è evidente. Però dobbiamo vedere aspetti positivi: più il tema diventa ricorrente più è sintomo di una crescita della città. Lo sviluppo del turismo e non solo ha evidenziato questa necessità. Parlo anche di sanità e hi-tech. Quali sono i temi? Aeroporto, Terzo Valico, Gronda. Ma il Terzo Valico arriverà, smettiamo di dire che è un’opera incompiuta. Per la Gronda invece manca ancora l’ultimo miglio e dovremo tutti farcene carico.

Lo sviluppo di Genova non può farlo solo il pubblico, ci vuole una presenza forte dell’impresa privata.
Sì, anche da parte di chi deve tutelarle. Confindustria deve avere un ruolo importante. Non voglio che diventi un ritornello, ma ci sarà discontinuità: un sindaco nuovo, un presidente della Regione con una linea definita. Dovrebbe essere un punto di partenza per andare tutti insieme in modo positivo.

Se potesse allontanare da Genova questo senso di rassegnazione e lamento, cosa farebbe?
Cercherò di trasmettere positività, non perché sono un ottimista di natura ma perché credo nei risultati. Tante persone mi hanno chiesto spazi, quindi sono disposti a investire. Questo è un fatto positivo. Ho la percezione che stia nascendo un nuovo modo di pensare. L’Aeroporto potrà accogliere un milione di passeggeri in più. La Gronda vorrei porla come questione di sicurezza: con 40 gradi un imbottigliamento in autostrada avrebbe grosse conseguenze.

Una svolta anche per il porto.
Arriva da un immobilismo negli ultimi anni. Gli imprenditori ci sono, molti vogliono ampliarsi. C’è anche un certo tipo di finanza, ma voglio capire se è una finanza costruttiva e non solo speculativa. Chi può portare sviluppo e investimenti ben venga. Ci sono importanti investimenti già sul tavolo dell’Autorità portuale, bisogna sbloccarli il prima possibile.

Qual è la sua idea di città per Genova, che ha molte potenzialità per il paesaggio e la qualità della vita ma freni nel carattere dei genovesi? Come la vorrebbe?
Anzitutto vorrei che si ripopolasse. Non deve essere un sogno, ma un obiettivo. Non vedo perché non possa essere porsi sulle 800 mila persone nel medio-lungo periodo. Il manifatturiero deve ripartire. Ci auguriamo un rilancio importante dell’Ilva. Il porto. Il turismo. Abbiamo eccellenze che si sviluppano molto velocemente, pensiamo agli hi-tech. Gli Erzelli. Ma tutta la città dovrà dare un contributo per definire un parco scientifico tecnologico che occupi 10 mila persone. Quindi un bel mix industriale: per me è tutto industria. Manifatturiero, beni e servizi, turismo e cultura, sanità e hi-tech.

Lei rappresenta una nuova generazione, nonostante i freni dei vecchi. Cosa vorrebbe fare?
La mia generazione già pensa in maniera non troppo giovane. Io vengo da un’impresa familiare, ma parlando in generale, così come nelle istituzioni c’è difficoltà a cambiare, questa è la radice della città e dell’Italia. I passaggi generazionali sono temi ancora inespressa. Si può trovare una giusta dimensione.