Niente pesce, barche ferme e tensione al mercato generale di Cà de Pitta e davanti alle sedi istituzionali romane. È la protesta dei pescatori contro l'inasprimento delle sanzioni per la pesca sottomisura contenute nella legge 154/2016 che applica le nuove regole dell'Unione Europea. Uno sciopero che dura da tre giorni e che a Genova si è manifestato con un blocco al mercato del pesce in Valbisagno, dove i pescatori di Genova e Santa Margherita, in tutto una trentina, hanno impedito l'accesso a grossisti e commercianti. La protesta, iniziata alle 3 del mattino, è durata un'ora e non sono mancati i momenti di tensione quando un manifestate è stato spintonato. Sul posto i vigili urbani, polizia e carabinieri. Iniziativa che potrebbe essere replicata con più persone.
"Così non si può più lavorare - si sfogano i pescatori in Darsena, vicino alle imbarcazioni rimaste ferme - Non possiamo impedire che il pesce abbocchi. Prima le sanzioni erano di 5 mila euro, 10 mila in casi gravissimi. Adesso, se tocchiamo tonni o pesce spada rischiamo 150 mila euro per pesce che ne vale mille. Una cassetta di triglie o naselli vale 20 euro, ma se ne trovano troppi sottomisura sono 5 mila euro di multa. E non possiamo nemmeno liberarlo in mare, dovremmo smaltirlo a terra".
L'adesione allo sciopero ha toccato ormai il 100%. Nelle pescherie e nei supermercati "non c'è più pesce italiano - dicono i pescatori - ma solo merce proveniente dall'estero". Tensione negli scorsi giorni a Roma, dove il Senato ha rifiutato di ricevere i manifestanti "perché non eravamo in giacca e cravatta - sostengono - e per due bombe carta che abbiamo tirato". L'intento è chiedere al Governo e al Parlamento la modifica dell'articolo 39 della legge.
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