Al di là di alcuni eccessi ideologici, che possono aver spaventato l'elettorato, ciò che in Italia ha storicamente reso perdente la Sinistra sono state le divisioni. Anche di fronte alle migliori occasioni e nelle migliori circostanze date, un certo gusto a cercare gli argomenti di dissenso - politico, ma a volte di natura più squisitamente personale - ha portato la Sinistra a sbattere il muso contro delusioni cocenti.
Questo virus sembra aver inopinatamente contagiato il Movimento 5 Stelle. A Roma gli effetti devastanti sono stati, finora, almeno due: un clamoroso ritardo nel varo della giunta di Virginia Raggi e un danno gravissimo all'immagine complessiva del Movimento, che appare incompetente e incapace di mettere insieme persone e strategie molto più di quanto possa esserlo in realtà.
Nella capitale è accaduto dopo le elezioni comunali, a Genova sta avvenendo prima. Il conflitto latente fra Alice Salvatore, eroina delle scorse regionali, e Paolo Putti, il consigliere comunale che sul campo si è guadagnato le stimmate di persona ragionevole e con la preparazione, e ora l'esperienza, necessarie a tentare l'impresa, sta dilaniando i 5 Stelle genovesi oltre ogni comprensibile motivo.
È persino inutile entrare nel merito delle questioni: tutte sono figlie di uno scollamento che a volte parte dalla base, e viene alimentato da chi si trova al vertice, e che a volte parte dal vertice e viene alimentato dalla base. Anche per la litigiosità tipica del popolo della rete, che resta pur sempre il punto di riferimento del Movimento.
Non c'è dubbio che tutto sia migliorabile, però la politica non sfugge alla regola della imperfezione umana. Dunque, se la ricerca del meglio diventa patologica rispetto al quadro che si ha davanti, allora occhio, perché si finisce per aprire la strada al peggio. Che nello specifico dei 5 Stelle genovesi può significare non raggiungere nemmeno il ballottaggio per Tursi, quando tutti i sondaggi sono invece concordi nel darli per favoriti alla vittoria finale.
La distanza fra le due possibilità - pronostico vincente e fallimento già al primo turno - può apparire così siderale da essere giudicata strumentale, ma chi ha esperienza di elezioni sa che niente più delle divisioni interne a una forza politica rende refrattario il corpo elettorale. In particolare quello indeciso e non militante, cioè la stragrande maggioranza.
Quanto il ragionamento sulle divisioni e, quindi, sull'esigenza di trovare unità sia determinante nell'approcciare gli elettori ce lo dicono proprio le due più recenti vittorie del centrodestra in Liguria, prima alle regionali e poi alle comunali di Savona. Una ricetta, quella della coesione, che il governatore ligure Giovanni Toti ha scelto per se stesso, ha riproposto per la Caprioglio e ora sta cercando di rilanciare per Tursi, pur a fronte delle divisioni che il centrodestra vive a livello nazionale. E tutto si potrà dire di Toti, ma non che gli difettino intelligenza e scaltrezza.
Nei suoi eccessi ideologici, come capita alla Sinistra, il Movimento 5 Stelle può ritenere lo sforzo dell'unità un orpello da Prima Repubblica, un segno di vecchia politica che ancora può piacere a certi conservatori di centrodestra. Ma in un Paese e in una città, nel caso di Genova, che soffrono ancora molto i rigori della crisi economica (più un colpevole immobilismo, a livello locale), per il cittadino elettore non è secondario sapere se affiderà il proprio destino a una forza politica capace di remare tutta nella stessa direzione. Ci pensino, i grillini, ogni volta che si fanno venire certi mal di pancia.
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A Genova il virus delle liti può affondare i 5 Stelle
In politica difficilmente le divisioni portano a vincere
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