Ormai è chiarissimo che a ottobre, quando saremo chiamati a votare il referendum-plebiscito, il panorama della politica italiana sarà completamente cambiato.
Quella che sta per arrivare sarà, politicamente parlando, un’estate devastante.
E tutto comincia (o si definisce) con i ballottaggi che si svolgeranno fra una settimana. La lettura dei risultati servirà solo a confermare che tutto sta per essere travolto, ideologie se ancora ce ne sono in giro, cordate, alleanze, inciuci e leader o para-leader.
I dati del primo turno hanno già messo a disposizione degli analisti un mazzo di stimoli su cui riflettere anche senza avere alcuna certezza da qui a settembre.
Comincio dall’ultima notizia, cioè la salute di Berlusconi, e la probabilità che non possa più scendere in campo a farsi sballottare da un cerchio non magico ma crudele, per salvare quel che resta del suo centrodestra. Come ha sempre fatto.
L’invenzione di Parisi che contende Milano a Sala è un eccezionale successo del vecchio leader e solo suo.
Le comparse che lo circondano sono disastrose. Un moderato pragmatico che sfida con un successo che era completamente inatteso (come quello di Giovanni Toti in Liguria un anno fa) un altro moderato renziano. Milano è la capitale dei Moderati che hanno l’opportunità di scegliere addirittura fra due candidati. Vanno bene tutti e due e i milanesi ne sono pienamente consapevoli, tanto da essere l’unica città ad avere snobbato grillini e sinistre.
Centrodestra e centrosinistra si amalgamano sotto la Madonnina e si annullano come ideologie politiche. Mentre emergono due veri possibili leader che potrebbero essere anche utilizzati a livello nazionale.
A Roma, la Raggi con il suo bel viso da giovane professionista rampante e a Torino (clamorosa sorpresa) l’Appendino mostrano i volti nuovi del M5S, che probabilmente manderanno in soffitta gli Emersi già consunti in Parlamento.
Fassino che è abbastanza simile ai pd ex comunisti di Genova rischia lo scivolo nella capitale ex operaia.
Genova ha poco da fare i conti. Nulla ora può servire a una lettura corretta e chiarificatrice di quello che accadrà con le comunali del 2017.
Solo un dato: la necessità per tutti, Pd, centrodestra e grillini, di trovare tre candidati con la stoffa dei leader e non c’è bisogno che siano lattanti o quasi. Parisi e Sala la mezza età l’hanno scavalcata anche se da poco. Tre persone serie, nuove, grintose. E non mi si venga a dire come in questa città fanno da troppo tempo consunti politici che la prima cosa sono i programmi. Balle. I programmi più o meno possono essere simili. Quello che c’è da fare a Genova è fin troppo chiaro essendo ormai una città decotta. Va reinventata, ripensata, progettata come un palazzo che si deve costruire dalle fondamenta.
Ci saranno le solite differenze che non fanno più né caldo né freddo al popolo degli elettori. Intendo la Gronda, il terzo valico, il Blueprint eccetera. Qui va rifatta una comunità che parte dal centro storico e si allarga a periferie dimenticate che hanno gli stessi problemi mai risolti di trent’anni fa, vedi l’inquinamento da petrolio in Valpolcevera o l’inesistenza di un serio trasporto pubblico in Valbisagno.
Conteranno le facce e le storie personali dei candidati. Il lavoro che fanno e che in caso di successo dovranno provvisoriamente lasciare. La passione che deve farci dimenticare cinque anni di immobilismo e incomunicabilità.
Vedete, cari amici, a noi andrebbe bene che i nostri vicini ci lasciassero i “resti” dei loro candidati. Se vince Sala ci lascino Parisi o viceversa. Se vince Fassino ci mandino l’Appendino. Io ci metterei una firma. Anzi, ne metterei due.
politica
Candidati: per Genova lasciateci i “resti” di Milano o Torino
Spicchi d'aglio
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