
Il concetto della “città dei 15 minuti” mi piace molto. Trovo che sia una idea davvero innovativa nel ridisegno urbanistico di una città che si pensi, radicalmente, all’uso degli spazi urbani in modo da renderli sempre più “vicini” agli abitanti. Nell’ambito di un quartiere, servizi vicini, mezzi pubblici vicini, negozi vicini. Quindici minuti per raggiungere le mete a piedi. Che vuol dire sanità di prossimità, quella fortunatamente riscoperta durante la tragedia del Covid, quella che era stata demolita nei decenni cancellando la straordinaria unicità del sistema sanitario pubblico italiano che era per tutti, senza distinzioni di nascita o portafoglio.
Ma è anche commercio di quartiere, addirittura di strada. Una battaglia che Primocanale combatté con intelligenza a favore dei paesi liguri, troppo spesso svuotati di ogni servizio. E di botteghe. Perché non è una mia fissazione, sottolineare come le botteghe sotto casa rappresentino la sicurezza di una zona. Oltre che il confort per chi ci vive.
Ben venga, quindi, l’idea lanciata qualche giorno fa dalla nuova assessora all’Urbanistica di Palazzo Tursi, Francesca Coppola, che ha fatto una proposta semplice e rivoluzionaria nel contempo: che ogni municipio individui una via o una piazza e che questa interamente o a pezzetti sia riservata ai pedoni almeno una volta al mese. Cioè una prova di piccole isole pedonali diffuse. Si vedrà concretamente con questo sistema pratico che cosa succede nel quartiere se si vieta un frammento di strada alle automobili. Se questa decisione provoca fastidi, crisi, disperazioni umane e economiche o se, al contrario, si ravviva la zona. Soprattutto fuori dal centro città, magari non nelle periferie più distanti che spesso, fortunatamente, sono ritornate a essere piccoli paesi vivaci, ma in zone semi-centrali ma difficili da abitare. A Genova ce ne sono tante. Basta salirla la nostra città.
L’ho fatto per una mia personale verifica.
Via Berghini, sopra San Fruttuoso, strada a curve e stretta, zeppa di auto mal parcheggiate perché non esistono parcheggi. Un dato immediatamente visibile: saracinesche abbassate, botteghe in vendita, tante, tantissime. Un anziano abitante rimpiange il grande bar “dove noi pensionati andavamo a giocare a biliardo. Ma ci venivano anche i ragazzi”.
Via Struppa. Anzi: via Benedetto da Porto, la stradina che si infila tra orti meravigliosi ricchi di fichi e vigne, cavoli e fiori, dove c’è la casetta natale di Vittorio Gassman e una targa ormai sbiadita che lo ricorda. Anche qui serrande abbassate, resiste eroica una bottega da fruttivendolo schiacciata da due negozi chiusi: un panificio e un salumiere.
La stessa scena a Oregina, percorrendo le strade in salita da scalatori del giro d’Italia. Strette, piene di auto, cimiteri di botteghe.
Ha detto Maurizio Caviglia grande governatore del commercio genovese, in seguito al bando regionale dedicato alle piccole imprese commerciali e ai centri integrati di via come proprio i CIV possano essere lo strumento che può organizzare i commercianti sul territorio per un grande rilancio, che vuol dire riqualificare la città non solo nel centro.
Ho la sensazione molto positiva che si stia riscoprendo quello che ai miei tempi si chiamava “Decentramento”. E mi pare una scoperta bellissima.
IL COMMENTO
Evviva le “isolette pedonali diffuse” da provare ogni mese nei quartieri
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