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Via i "furbetti", il Comune di Sanremo tiene: non è una sorpresa
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Ohibò. Nonostante arresti, sospensioni, licenziamenti, il Comune di Sanremo riesce ad andare avanti. Con qualche sbavatura, ma va avanti. Sembrerebbe una notizia. Invece non la è. Prima di dire il perché, guardiamo alcune cifre.

All'esplodere dell'Operazione Stakanov, la municipalità sanremese aveva 490 dipendenti (ora 450) per 55.000 abitanti. Nello stesso momento, in Lombardia, i Comuni di Legnano e Gallarate avevano, rispettivamente, 296 dipendenti per 60.000 residenti e 277 persone a libro paga per 62.000 abitanti. E in Piemonte, Cuneo aveva 360 dipendenti a fronte di 56.000 iscritti all'anagrafe.

In questi numeri c'è il motivo per cui non può sorprendere che Palazzo Bellevue stia sopravvivendo alla tempesta provocata dai "furbetti del cartellino". Al di là di ogni considerazione morale sul comportamento degli assenteisti, la verità è che c'erano e ci sono dipendenti che non avevano alcunché da fare.

"Se mi pagano per scaldare la sedia o girovagare fra i corridoi, mica staranno a formalizzarsi se timbro, o mi faccio timbrare il cartellino, e poi me ne vado per i fatti miei": più o meno dev'essere stato questo il meccanismo psicologico che ha portato agli eccessi da cui lo scoperchiamento del pentolone.

Ovviamente non è e non può essere una giustificazione, ma l'accaduto non sorprende. E neppure sorprende che, ora, il Comune scopra di poter andare avanti lo stesso. Certo, con qualche disfunzione qua e là, legata al ruolo degli indagati, ma senza tracolli. Semplicemente, si certifica un'ormai antica constatazione e cioè che gli organici della pubblica amministrazione, variamente declinata, sono in eccesso.

Questo è il frutto avvelenato di decenni nei quali la macchina statale e parastatale è stata considerata una vacca da mungere: vale per le pensioni baby o di finta invalidità, vale per gli organici di Comuni, Province, Regioni, Comunità montane, aziende partecipate e quant'altro abbia costituito il libero pascolo della politica.

Familismo, clientelismo e tangentismo sono stati - e spesso ancora sono - un marchio di fabbrica. Al punto che si può accendere la televisione e trovarci una dipendente Asl, addirittura delegata all'anticorruzione, che seraficamente dichiara: "Non timbravo per colpa dello stress". L'hanno cacciata, ma lei si oppone. Vedremo come finirà.

E vedremo come andrà a Sanremo. Dove il sindaco, Alberto Biancheri, che essendo arrivato da poco non porta pena per il dissesto pregresso, osserva: "I dipendenti non sono pedine che puoi spostare come vuoi, c'è un problema di professionalità". Vero, ma nella pubblica amministrazione esiste uno strumento, la mobilità interna, che consentirebbe di trasferire i dipendenti dove servono, razionalizzandone l'utilizzo.

La prima cosa che mi viene in mente sono le cancellerie dei tribunali, da anni soffocate dalla penuria degli organici. C'è un problema di professionalità? Okay, ma c'è pure la formazione, che consente di adattare i lavoratori a nuove funzioni. Perché, sia chiaro, nessuno dice che ora bisogna buttare la gente per la strada. Ma impiegarla meglio sì, è un obbligo morale e di efficienza.

La domanda, allora, rimane la stessa: la politica vuole sciogliere il nodo o cerca di ignorarlo, sempre per le stesse ragioni di consenso elettorale? Dubito che Biancheri e la sua amministrazione avrebbero affrontato il problema dell'organico, con l'appendice dei costi fissi (che contribuiscono ad alimentare il nostro mostruoso debito pubblico: 2.200 miliardi di euro!) se non fosse arrivata l'Operazione Stakanov. E comunque sono curioso di vedere se e come l'affronterà da qui in avanti.

Il dubbio ha due solide radici. Primo: il fragoroso silenzio dei partiti, siano essi di centrosinistra o di centrodestra, tutti muti perché hanno la coda di paglia. Hanno gonfiato l'organico, ci hanno messo alla testa dirigenti scelti perché non disturbassero manovratore e manovrati e avanti con i carri. Secondo: non è un caso che appena scattati arresti e avvisi di garanzia, i primi avvocati ingaggiati dai dipendenti infedeli siano stati quelli che siedono in consiglio comunale.

È stata la dimostrazione plastica della collusione fra politica e assenteismo.
Poi i legali e consiglieri comunali si sono fatti da parte, perché l'indignazione è salita e il conflitto di interessi si è fatto insostenibile anche per loro, sebbene Sanremo sia una città nella quale in tutte le latitudini temporali l'amministrazione civica abbia brillato per una faccia di bronzo senza pari. E difatti, come si parla del Comune, si potrebbe parlare del Casinò, altro serbatoio di clientele e malefatte finanziarie.

L'Operazione Stakanov, se mai fosse servito, ha alzato il coperchio. Il premier Matteo Renzi, pur riconoscendo che le norme esistono già, ha voluto introdurre un meccanismo che dovrebbe far fuori i dipendenti infedeli entro le 48 ore, chiamando direttamente alla responsabilità i dirigenti che non hanno ben vigilato. Un di più che può aiutare.

Ma in realtà è la politica a doversi guardare allo specchio. Fino a che il rischio dell'impopolarità, quando occorre, non entrerà nel suo modello di azione, hai voglia a inventarti regole più stringenti. Perché anche domani, come ieri e oggi, quelle regole resteranno lettera morta. Saranno solo vuota propaganda. Alla faccia pure di chi, e per fortuna sono ancora in tanti, nella pubblica amministrazione lavora per davvero.