economia

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Mai come in questi  momenti di crisi profonda si sente la mancanza di forti personalità e di categorie produttive che sappiano non solo lamentarsi del fato avverso, ma fare proposte coraggiose.

L’assenza della politica con la P maiuscola, ormai lasciata a figure di piccolo cabotaggio, prese dal pensiero unico di poggiar chiappe sulle poltrone regionali, ha aperto vasti spazi che avrebbero dovuto essere riempiti di uomini, donne e idee. Invece assistiamo alla mortificante litania di un ombra di società civile che pensa di essere di sinistra e non ha nemmeno la capacità di esprimere un nome per gareggiare sulla presidenza della Regione Liguria, ma soprattutto brucia sulla pelle dei genovesi (soprattutto dei genovesi) l' assoluta insignificanza di industriali-imprenditori, ormai addirittura surclassati dal mondo del commercio che pure di crisi ne ha molta di più che gli altri, ma, almeno, prova a andare in scena.

Ecco, allora, che ci sentiamo orfani di personaggi come Duccio Garrone. Nessuno in questi anni che ci separano dalla sua improvvisa scomparsa, ha saputo prendere il suo ruolo nel dibattito genovese. Nessuno ha avuto forza e carisma di fare proposte, di provocare, stimolare, fare anche incazzare come riusciva a fare Garrone.
 

Perché a differenza di alcuni che si erano messi in testa di poterne fare a meno o addirittura di sostituirlo sul palcoscenico della città, Duccio Garrone progettava, ma su questi progetti metteva la faccia e anche i soldi. Non dimenticherò mai nella paurosa situazione del pre-1992 il suo intervento con undici miliardi pronta cassa  per consentire al Carlo Felice, appena ricostruito, di aprire i battenti. Sento la mancanza di grandi disegni, anche utopici, quelli che sistematicamente alcuni suoi colleghi imprenditori bocciavano per il solo fatto di dire no a Garrone, senza avere le palle per proporre alternative serie, dentro una città piena di potenziali ma arida di idee.
 

Il vuoto lasciato da Garrone è immenso e a farne  le spese non è solo la città, smorta e pallida, ma la classe imprenditoriale locale, oggi così indefinita da far perdere le sue tracce nel deserto genovese, e quella politica che da Garrone veniva costantemente richiamata ai suoi doveri, anche con incredibili asprezze, ma che, nel momento della necessità, in lui aveva sempre trovato una sponda, senza distinzioni ideologiche, pronta al confronto e , se necessario, allo scontro.
 

A Genova non si scontra più nessuno, tutti omologati al potericchio nascente nell'ansia di ritagliare solo per se stessi, fazzoletti di benefici temporanei, ma privi di una visione che vada al di là di pochi anni. E sarebbe già un bel miracolo se venisse fuori un nome davvero forte e innovativo per la guida della Camera di Commercio.