politica

Polemica sul jihadista genovese morto in Siria dove era andato a combattere
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"Non è eroe chi uccide in nome di dio: è blasfemia, una bestemmia uccidere in nome di dio. Su questo non ci può essere nessuna indulgenza". Così Matteo Renzi su La7 aveva commento le parole del padre di Giuliano Delnevo, jihadista italiano morto in Siria dove era andato a combattere. "Con il massimo rispetto dico che lui non era un eroe".

Nel corso de Le invasioni barbariche era stata mostrata al premier Matteo Renzi un'intervista al padre di Giuliano Delnevo, giovane italiano convertitosi all'Islam e andato a combattere con gli jihadisti in Siria. "Chiedo di riavere i resti di mio figlio, mio figlio è un eroe", affermava nel video Delnevo, definendo gli autori della strage di Charlie Hebdo dei 'disgraziati'. "Con il massimo rispetto da padre a padre, con il rispetto che si deve a un uomo che ha perso il figlio – aveva commentato Renzi - dico che Giuliano Delnevo non era un eroe, non diamo messaggi che sono profondamente sbagliati. I tre che hanno ucciso a Parigi non sono eroi o disgraziati. Un messaggio del genere è devastante, folle, allucinante. Rispetto il dolore di un padre ma nessuno dedicherà un giardinetto" a Giuliano Delnevo.

La risposta di Carlo Delnevo non si è fatta attendere. Il padre del ragazzo morto in Siria ha nuovamente condannato gli attentati di Parigi ribadendo che il figlio Giuliano "seguendo i suoi ideali è andato a morire eroicamente nel tentativo di salvare un compagno".

"Vorrei che tanti giovani italiani avessero la sua stessa idealità, il suo stesso coraggio. Purtroppo l'intervista così' come è stata presentata non evidenziava questo", ha osservato. "La rivoluzione siriana non nasce nel nome di Dio. Che poi a combattere alla fine siano rimaste sole certe frange islamiste è un altro paio di maniche" ha aggiunto Delnevo, sottolineando che "vanno fatte distinzioni altrimenti tutte le vacche sono grigie e non è così".

"Che poi Giuliano fosse musulmano arciconvinto, che il suo sogno fosse un mondo con la legge della shari'a non lo nego" ha affermato Delnevo, precisando che il figlio è morto quando l'Isis "stava muovendo i primi passi".
"Sembra che sia morto un mese fa combattendo con lo stato islamico, non ha mai fatto nulla di lontanamente appartabile ad azioni di stampo terroristico, che quando viene comodo viene usato da tutti perché altro non è che una tecnica di guerra, usata da palestinesi, israeliani, americani, inglesi, tedeschi. L'hanno usata tutti, mio figlio no".

"Voglio difendere la figura di mio figlio perché lo merita: se lo avessero preso con tre chili di eroina mi si sarebbe spezzato il cuore, ma concretamente non mi metterei a dire che questo ragazzo ha fatto una buona azione. Invece, di questo ragazzo sono infinitamente orgoglioso e vorrei lo sentisse anche il premier visto che ha tante certezze in testa".