Senza vergogna. Non c’è altro modo per accogliere l’affermazione fatta dal ministro Maurizio Lupi nell’intervista comparsa sul Secolo XIX. Niente soldi per la Gronda. E sapete perché? Perché, all’improvviso, il ministro scopre che l’opera “non si può finanziare solo aumentando i pedaggi autostradali”. E domanda: “Quanto ci mette la Regione?”. L’una e l’altra dichiarazione meritano di essere approfondite.
Per cominciare: finora tutto il dibattito, a proposito della Gronda, è sempre stato assorbito dal tracciato, dalle prescrizioni ambientali, dalle lungaggini procedurali, dal ricorso al Tar presentato dalla società Autostrade (che dovrebbe costruire l’infrastruttura) e dal controricorso genovese. Il tutto condito dallo scetticismo del sindaco Marco Doria, della sua lista, del Movimento 5 Stelle e di tutto il fronte contrario alle così dette Grandi Opere. Una battaglia di cifre sul traffico, uno scontro sulle prospettive della mobilità. Di tutto e di più.
Ma dove e come trovare il denaro necessario, circa 3.200 miliardi, era – meglio, sembrava – pacifico: dai pedaggi autostradali, secondo uno schema collaudato e consolidato, che sta a monte delle concessioni di cui gode la società Autostrade. Anche il ministro Lupi pareva non avere dubbi che il problema fosse solo il progetto, avendo promesso a più riprese – e lo conferma – di voler sbloccare ogni controversia sull’argomento convocando tutti i soggetti interessati prima della Conferenza dei Servizi.
Ora, invece, la giravolta. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci s’indovina. E allora: sarà che il ministro è diventato più sensibile al gelo di Autostrade per l’Italia sulla Gronda, che l’azienda mostra di non essere più interessata a costruire? E non sarà che quel riferimento a non voler aumentare i pedaggi per trovare i finanziamenti (rincaro spalmato su tutto il Paese, non solo sulla Liguria) sia anche un bell’argomento propagandistico da spendere per il proprio partito, il Nuovo centrodestra, uscito dalle ultime consultazioni, europee e amministrative, come un ectoplasma che lo traduce in due di picche con la briscola a fiori appena sarà finita la stagione delle larghe intese, cioè delle poltrone garantite? Nella citata intervista, Lupi afferma: “Non si fanno campagne elettorali sulla pelle dei cittadini”. Appunto.
L’altro aspetto è la tirata nei confronti della Regione: “Quanto ci mette?”. Ora, che l’amministrazione guidata da Claudio Burlando abbia molte responsabilità per il pessimo stato dell’arte in cui versa la Liguria non c’è alcun dubbio. E probabilmente ci ha messo del suo nell’insistere affinché alla Gronda si affiancasse il tunnel della Fontanabuona, il che – al di là delle dichiarazioni di facciata - risulta aver mortalmente spaventato la società Autostrade.
Onestà intellettuale impone di rilevare, tuttavia, che ad oggi – se non ci siamo persi per la strada qualche puntata di questa telenovela – nessuno ha mai chiesto che la Regione Liguria scucisse un solo centesimo. Lo fa, adesso e all’improvviso, il ministro Lupi. Violando anche le regole del galateo istituzionale: parlando con un giornale, mica radunando prima – già che si trovava a Genova – enti locali e categorie (impegno a suo tempo assunto vista la battaglia contro l’isolamento avviata dalla Liguria) per annunciare loro il cambiamento della situazione (e questo ragionamento, sia chiaro, lo farei anche se il ministro non ci avesse usato la scortesia di non concederci un’intervista che, peraltro, era stata fissata).
Ma la situazione è davvero cambiata? Forse Lupi farebbe bene a riguardarsi il documento del 2010, quando a fronte del rinnovato accordo sulla concessione, Autostrade formalizza 21 miliardi di investimenti in giro per l’Italia (con scadenza 2024, cioè quindici anni prima della scadenza della concessione per garantire la remunerazione dovuta alla società). E fra quei 21 miliardi, ce ne sono 3.258,4 destinati alla Gronda. Anche se il ministro ne fa carta straccia, quell’atto esiste. Ed è pubblico.
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Il ministro Lupi e la Gronda della vergogna
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