"Contro di me c'è stato un complotto-vendetta. Tutti coloro che mi hanno colpito hanno avuto delle gratifiche e avanzamenti di carriera all'interno del loro sistema di lavoro". Lo ha detto all'ANSA Amedeo Matacena collegato via Skype da Dubai.
Matacena ha aggiunto che "ci sono state delle cose strane che hanno portato alla mia condanna, tenendo conto che precedentemente c'erano due assoluzioni nel merito". "Con la mia attività parlamentare - ha proseguito - mi interessai del 'palazzo dei veleni' di Reggio Calabria facendo numerose interrogazioni su comportamenti di magistrati, su problemi di pagamenti di pentiti in nero, su riscatti per sequestri pagati con i soldi dello Stato. Evidentemente questo mio interessamento non è stato gradito. Quando la Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione, rimandandomi al giudice del rinvio, i miei avvocati ed il mio vecchio segretario politico videro un magistrato a me ben noto che era nell'ufficio del presidente della cassazione che mi avrebbe giudicato e che avrebbe annullato la sentenza. Quando poi il processo passò al giudice di secondo grado, venne cambiato il giudice. Inizialmente c'era un magistrato molto garantista e venne sostituito con un giudice di Magistratura democratica che mi ha condannato. Tutto questo mi rende perplesso sulla vicenda della mia condanna".
Poi i riferimenti a Scajola: "I miei rapporti con Claudio Scajola, nati nel 1994 quando fui eletto per la prima volta al Parlamento con Forza Italia, si sono rafforzati con il nostro trasferimento a Montecarlo.Mia moglie ha perso suo padre, che era coetaneo di Scajola - ha aggiunto - e quindi vede in lui una figura paterna. Mi sembra normale che una donna che si trova in difficoltà vada a chiedere aiuto ad un amico che ha grandi esperienze".
Di diverso avviso gli inquirenti. "Non occorre rimarcare la portata gravemente indiziaria delle conversazioni intercettate, dalle quali emerge un ruolo di Claudio Scajola che va ben oltre la veste di tramite a favore del Matacena e della Rizzo". È quanto scrivono i magistrati della Dda di Reggio Calabria nella richiesta di custodia cautelare nei confronti di Claudio Scajola e delle altre sette persone arrestate dalla Dia nell'ambito dell'operazione Breakfast.
Intanto sarà fissato a breve l'esame del ricorso dei Pm della Dda di Reggio Calabria contro la decisione del giudice per le indagini preliminari di non contestare l'aggravante mafiosa all'ex ministro Claudio Scajola e alle altre sette persone arrestate la settimana scorsa. Lo si apprende negli ambienti dei difensori degli indagati.
Nella richiesta di custodia cautelare avanzata dalla Dda al giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria si parla anche di un prestito di tre milioni e mezzo di dollari concesso dalla banca Greca "Marfin Egnatia Bank Societe Anonyme", con sede legale a Thessaloniki (Grecia), alla Amadeus spa. Attraverso gli atti relativi al mutuo, acquisiti dalla Procura di Reggio Calabria, emergerebbe "l'individuazione - scrivono i Pm - dei reali proprietari delle quote riferibili alle società estere partecipate della Solemar srl, compresa la stessa Amadeus spa, identificabili nei coniugi Amedeo Matacena e Chiara Rizzo".
cronaca
Matacena si difende da Dubai: "Vittima di complotto, Scajola? Chiesto aiuto a un amico"
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