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Genova non ha mai dimenticato il suo Olocausto. Ma i genovesi cosa sanno di quello che accadde il 3 e 4 novembre del 1943? Cosa sanno i giovani di una retata nazi-fascista che si traduce in ‘deportazione nei campi di concentramento’. A differenza di Roma, in cui il 16 ottobre oltre 1200 persone del Ghetto ebraico finirono sui treni tedeschi, il rastrellamento genovese non ha avuto una dimensione unica cosi importante. In realtà la deportazione nella Superba si è sviluppata nell’arco di vari mesi perché gli oltre tremila ebrei genovesi, come molti altri, erano sfollati nell’entroterra a causa dei bombardamenti.

Tra il 3 e il 4 novembre almeno 220 persone furono caricate sui camion e spedite su carri bestiame verso le fabbriche della morte. Solamente otto tornarono. Per la comunità ebraica ligure la settantesima ricorrenza ha una valenza molto forte: la durata di una vita. Quelli che hanno visto la Shoah stanno morendo, tra un po’ non ci saranno più testimoni. Se è vero che la memoria familiare dura non più di tre generazioni, quel tipo di memoria è a un passo dall’estinzione.

Genova (nel senso delle istituzioni) non dimentica le sue ferite, le sue cicatrici di guerra. Per il prossimo 3 novembre la Comunità ebraica ha organizzato una fiaccolata che, partendo dalla Sinagoga, arriverà al Teatro Carlo Felice. Sindaco e autorità non mancheranno all’appello. Per alcuni rappresentanti della politica sarà un atto ‘pubblico’, per molti  un’adesione dell’anima. Per Italo Calvino “la storia è fatta di piccoli gesti anonimi”, a cominciare dalla presenza a una fiaccolata.

Genova (nel senso dei genovesi) ha il diritto-dovere di spingere le nuove generazioni a custodire la memoria. Ci sono momenti storici in cui, al di là degli steccati confessionali, si sente il bisogno di fare quadrato su valori etici e morali comuni alla maggioranza. Il funerale di Erich Priebke, boia delle Fosse Ardeatine, e le manifestazioni pubbliche di dissenso ci suggeriscono che il 3 novembre la Liguria ha la sua occasione per difendere l’eredità storica dei nonni dall’offensiva dei negazionisti.