Genovesi freddi? Beh, sabato sera al Carlo Felice duemila genovesi hanno riservato una ovazione a Claudio Abbado che ha guidato con magia la Orchestra Mozart, ensemble magnifico, mix di giovanissimi ed esperti uniti da un valore aggiunto coinvolgente: tutti dimostrano di divertirsi, sprizzano gioia europea abbracciando i loro strumenti, plagiano il pubblico trascinandolo nel viaggio incantato tra le note di Bach.
Si deve alla Gog, la Giovine orchestra genovese, che così ha cominciato a celebrare i suoi cento anni, se questo privilegio è stato regalato ai genovesi. E se questa città intristita dalla crisi, ripiegata su se stessa come mai nella sua storia, ma soprattutto ormai drammaticamente indifferente, abbia riacceso le sue intelligenze in due ore di incanto musicale.
La sobrietà genovese si è naturalmente amalgamata con la civiltà di questa orchestra, plasmata da uno dei più colti direttori di mondo, uno che nella sua carriera non ha mai voluto abbandonare un impegno civile e politico che lo ha portato a Cuba e nel Sud America a collaborare con quel sistema Abreu che sta contagiando il panorama musicale mondiale.
Abbado e i suoi ragazzi hanno detto ai genovesi che la vita non può prescindere dalla cultura, che la crescita di un Paese non si fa solo con la finanza, che la gioia non è solo ricchezza bancaria e lo scopo di un'esistenza non è sempre il potere. No, loro hanno ribadito che un paese come l'Italia ha un'energia molto più inesauribile dell'energia atomica. E' un'energia fatta di storia, arte, cultura, musica, letteratura. E su questi settori si deve avere il coraggio di investire non abbandonandosi alla frase rinunciataria: bambola non c'è una lira.
Cronaca
Abbado e la Gog, Genova ritrova la gioia
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