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La salvezza della Sampdoria passa per una porta stretta. La riforma delle Noif (Norme ordinamento interno federale) decisa dalla FIGC proprio alla vigilia dell'incontro della settimana scorsa con la dirigenza della Sampdoria (leggi qui) (leggi qui) (leggi qui), rende impossibile ogni progetto - come quello giudicato prioritario se non unico possibile dal finanziere Barnaba, appoggiato da Garrone - basato sulla scissione della UC Sampdoria in due distinti rami autonomi, l'uno comprensivo del disavanzo generale e l'altro con gli attivi sportivi e i beni sani.

Questo è possibile, secondo l'art. 52, soltanto attraverso il percorso gravoso della dichiarazione di fallimento, con il nuovo club che dovrebbe rinunciare al nome e al "paracadute", dovendo però fare fronte comunque ai debiti sportivi, al carico fiscale per intero, al monte ingaggi in continuità. Inoltre l'acquirente dovrebbe comprare l'"azienda sportiva", dagli immobili alle concessioni al marchio, per porre infine mano al reintegro della squadra. Un'operazione attorno ai 200 milioni e comunque col "costo morale" della perdita del titolo sportivo storico e quindi della denominazione.

All'art. 85 c'è però la via della ristrutturazione del debito, con trattative verso i creditori privati sull'entità e sui tempi e verso lo Stato sui soli termini cronologici, che permetterebbe di salvare sia il nome che il paracadute. A chi voglia salvare la Sampdoria si pone quindi una serie tassativa di opzioni, che vanno dall'acquisto diretto al prestito obbligazionario convertibile, tuttora esperibile, fino all'aumento di capitale in regime di composizione negoziata, nell'interesse non più dell'azionista ma sia dei creditori che della continuità aziendale. Inoltre l'effetto del piano di ristrutturazione porta alla riduzione del 50% del passivo, rendendo il club più appetibile.

Va da sé che il costo di una ricostruzione dalla D sarebbe in prospettiva molto più alto di quello relativo a una partecipazione, sia pure con un robusto impegno economico iniziale, alla seconda categoria professionistica.