Porto e trasporti

Il docente di diritto dell'Unione Europea fa il punto sulla questione sollevata dal nostro editore Maurizio Rossi
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"I marittimi non sono migranti, l'Italia deve rivedere l'interpretazione troppo restrittiva di una sentenza comunitaria che rischia di penalizzare il sistema Paese, a intervenire possono essere i ministeri competenti, dall'Interno allo Sviluppo Economico ai Trasporti con il coordinamento di Palazzo Chigi. L'Italia è l'unico Paese ad aver recepito in modo draconiano quella sentenza, con questa applicazione in pratica si chiede all'armatore di cambiare ogni 90 giorni tutto l'equipaggio, con il risultato che gli yacht vanno in Francia o Spagna danneggiando economicamente l'Italia. Ma il cuoco extraeuropeo dello yacht di Bill Gates, per fare un esempio, non lascerà mai la sua nave e il suo lavoro, si tratta di ragionare nel concreto". Il professor Francesco Munari, avvocato e docente universitario di diritto dell'Unione Europea alla facoltà di Giurisprudenza di Genova, ospite di Primocanale interviene nel dibattito aperto dal nostro editore Maurizio Rossi (leggi qui) sul tema del colpo inferto al settore del turismo nautico privato dal sostanziale divieto agli equipaggi imbarcati sugli yacht di entrare e uscire dall’Italia. Le prime stime fissano attorno al miliardo di euro il danno a un comparto strategico per l'azienda Italia.

Ora dunque è necessario l'intervento del governo: i porticcioli turistici che ospitano imbarcazioni di notevole valore si sono già svuotati, con loro le banchine delle aziende che si occupano di manutenzione navale. Un colpo miliardario che il governo deve rapidamente sventare.

"Neppure la Corte - dice il giurista - aveva percepito le conseguenze ultime della sua pronuncia, che noi stiamo sperimentando su settore armatoriale della Liguria e sui marittimi: non è pensabile che un marittimo che arriva in uno Stato europeo da un aeroporto non possa stare più di 90 giorni, così come non è realistico che l'Unione Europea abbia voluto dire ai marittimi del mondo che arrivano qui che possono stare solo 90 giorni e poi devono andarsene".


"Anche la stessa sentenza - osserva il docente - è meritevole di una interpretazione diversa, perché vengono violate alcune convenzioni internazionali che garantiscono ai marittimi uno status unico".

"Il marittimo non è mai circolante nello Stato - aggiunge - perché lavora su una nave dello Stato di cui batte la bandiera, che non è territorio Schengen se per esempio è Panama o USA, c'è stata una lettura poco meditata della Corte di quella fattispecie".