Una laurea in architettura, poi gli anni di professione in giro per il nord dell'Italia, fino al 2011 quando, dopo la morte della madre, le viene offerto un posto in università a Genova come ricercatore. Da qui parte la professione universitaria a tempo pieno, che ora la vede impegnata come coordinatrice di un corso di laurea e professore associato in Design del Prodotto all'università di Genova. Poi, la politica: oggi Silvia Pericu, ospite di una nuova puntata di Donne di Liguria su Primocanale, è candidata alle elezioni comunali a Genova e capolista della Lista civica Silvia Salis sindaca.
Ho visto con mio padre la costruzione di una identità di città
Che eredità le ha lasciato suo padre? "Porto dietro l'eredità piacevole ma importante legata al fatto che mio padre è stato dieci anni sindaco di questa città, quando già ero laureata e operavo come architetto. Ho visto le due campagne elettorali la sua attività di sindaco, le speranze di una città che si trasformava, la costruzione di una identità. Mi ha molto influenzato e dato un'idea di valori che un primo cittadino dovrebbe portare con sé. Da qui ci sono stati contatti da alcune parti, soprattutto civiche, sulla possibilità che ci potesse essere un candidato stile Pericu. Così mi sono sentita chiamata in causa. Non ho mai avuto tessere di partito ma vorrei portare questa eredità insieme alle mie competenze all'interno di questa campagna elettorale".
Il sistema di valori di papà Beppe
"Papà ha passato a me e mio fratello un sistema di valori molto importante. Valori che ho cercato di trasferire anche ai miei figli. Pensiamo che l'impegno per la città sia importante e fondativa: per questo ho deciso a 55 anni - più o meno l'età che mio padre aveva quando ha deciso di assumere questi impegni - di impegnarmi per la mia città, che io amo molto".
La fatica del compromesso
Sulla difficoltà di una donna del coniugare la parte professionale con la vita familiare, dice Silvia Pericu: "L'ho risolta con fatica negli anni, non è semplice per una donna. Vedo che le generazioni che vengono sono affermate nei diritti e c'è maggiore consapevolezza. Pur essendo figlia di una donna che credeva nel femminismo e nell'emancipazione della donna mi sono comunque trovata in difficoltà. Ho fatto figli a trent'anni circa e questo mi ha causato problemi lavorativi che hanno ritardato il pieno ingresso nel mondo lavorativo in ritardo. In più il fatto che mio padre fosse sindaco mi ha imposto di lavorare con cautela e affermare passo passo le cose che dovevo esprimere in campo lavorativo. Sono contenta di non aver gettato la spugna, di essermi occupata dei miei figli e aver trovato soddisfazione lavorativa. E questo lo devo a mia madre che mi ha sempre insegnato che per prima cosa una persona deve essere indipendente economicamente".
Beppe Pericu, nonno presente
Nei racconti privati di Silvia Pericu, il papà Beppe è persona sempre presente a supporto dei figli e dei nipoti: "Il sistema valoriale respirato in casa io l'ho trasmesso ai miei figli. Mio papà, anche dopo la morte di mia madre, che è mancata quando avevo 40 anni, è stato un nonno molto presente. Nei momenti di difficoltà ha anche accudito i suoi 5 nipoti, i miei figli in particolare hanno seguito con attenzione l'attività politica e amministrativa del nonno e sono contenti che io abbia deciso di portare avanti queste attività". I figli non vivono più a Genova: "Il fatto che i ragazzi debbano andare fuori, i miei studenti e i miei figli, ha creato per me un ripensamento: questa città riuscirà ad attrarre giovani e ritornare territorio competitivo dove trovare lavoro e crescere la loro famiglia?".
Alle donne: pretendete il vostro posto
"Le donne devono credere in loro stesse. Pur essendo figlia di una donna femminista e in una famiglia aperta anche io ho dovuto fare i conti per esempio alle difficoltà di accesso a posizioni magari meno interessanti a livello lavorativo. Bisogna credere in se stesse e pretendere. Le donne devono pretendere il loro posto e non farsi intimidire rispetto ad alcuni pregiudizi che purtroppo esistono ancora. Quando sono arrivata al mio primo cantiere, avevo 26 anni, sono entrata come architetto e gli impresari hanno iniziato a dire: Ecco, tutti i cani della zona abbaiano perché questa è una donna".

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