"Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente”. Comunemente questa frase viene attribuita a Voltaire, anche se non è chiaro se egli l’abbia mai pronunciata o scritta davvero. Ma poco importa: quelle parole costituiscono un caposaldo della libertà. Quindi, della democrazia. Se io dicessi, dunque, di non andare più da Bruno Vespa a “Porta a porta”, oppure a Primocanale, mi darebbero ipso facto del fascista. E chi lo facesse avrebbe ragione, considerando ciò che è stato il fascismo.
Se dal palazzo della Regione Liguria si leva un simile “invito”, non andare più da Vespa e a Primocanale, io non posso pensare ad altro che alle costrizioni e alle restrizioni di quando la libertà di parola veniva conculcata. Siccome non la pensi come me, io con te neanche ci parlo! Anzi, faccio prima: non vengo neppure nei posti dove ritengo sia coltivato il contrario del mio pensiero. E chiedo ai miei sodali, o presunti tali, di comportarsi allo stesso modo.
Assurdo. Se poi è un giornalista a sostenere una corbelleria del genere, ancor meno posso ritrovarmici. Il mio mestiere mi porta per natura a parlare con chiunque: povero e ricco, ateo e credente, della mia stessa opinione o di parere opposto, civile o militare, onesto o disonesto e via elencando. Dovrebbe valere anche per chi di noi giornalisti è stato prestato alla politica. E nel fare politica, con il diritto e persino il dovere di essere partigiano, non bisogna dimenticare una regola d’oro anche di questo nostro mestiere: mai impalcarsi e impartire lezioni agli altri. E chi sarei, io, per dire di non andare da Vespa, a Primocanale o in qualsiasi altro posto?
Solo perché, eventualmente, potrei trovarci chi non la pensa come me non giustifica la mia pretesa. Al contrario, proprio la diversità di vedute dovrebbe spingere in quei luoghi. Lo spiega bene Lorenzo Basso, parlamentare del Partito democratico, non raramente ospite di Primocanale e spesso in aperto dissenso rispetto alle tesi della testata.
Dice Basso: “Ciò che considero un pericolo democratico non è confrontarsi (…), ma la comunicazione unidirezionale, quella dove non ci sono giornalisti né domande, quella che piace tanto alla destra, come dimostrano i videomessaggi della premier Meloni. (…) Quel modello, tipico dei social media, (…) favorisce la polarizzazione e incita tifoserie, anziché promuovere il dibattito e il pensiero critico”.
Non c’è niente da aggiungere. Salvo una cosa, consigliere Ferruccio Sansa: non condivido le sue posizioni politiche e men che mai le sue esortazioni a disertare “certi” luoghi. Ma stia sicuro che mi batterò perché lei possa continuare ad esprimere le sue idee. Per assurde e strampalate che io le possa trovare.
IL COMMENTO
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