cronaca

Domenica di ordinaria follia nella nostra regione
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A noi non piace ‘averlo previsto’, né essere gli unici a ricordarlo e segnalarlo ogni giorno: la Liguria paralizzata in autostrada è una sconfitta soprattutto per noi. Noi che qui viviamo e lavoriamo. Siamo rovinati da Autostrade, lo diciamo sempre, ma forse anche dal silenzio arrendevole che rischia di diventare complice: il silenzio dei media (che bello il servizio di quel tg di Stato che stasera magnificava il ritorno dei turisti in Liguria senza un solo accenno al disastro che si stava consumando) e anche quello della politica che, a tutti i livelli, deve trovare la dignità per dire basta.

Quello che è successo oggi sulle Autostrade della nostra regione va oltre ogni limite ed è solo l’antipasto: quattro turisti in Liguria hanno generato un’apocalisse sulle nostre tratte e il pensiero di quello che succederà quest’estate, quando i turisti arriveranno per davvero, fa gelare il sangue nelle vene. E’ bastato un uggioso weekend, con il Primo maggio senza ponti, a bloccare per ore gli automobilisti in coda: ore senza un bicchier d’acqua, senza poter fare pipì, senza speranza di rientrare a casa come ‘Draghi comanda’, cioè entro le 22. Fermi e rassegnati, con la rabbia dentro e nessuno contro cui sfogarla.

Tutto paralizzato, alla faccia dei diritti, delle norme di legge e della ripresa post Covid: un pomeriggio in cui se qualcuno avesse avuto la cattiva idea di sentirsi male non avrebbe avuto nemmeno il conforto di un’ambulanza, a meno che i medici non si fossero calati da un elicottero con un verricello. Una paralisi di cantieri e scambi di carreggiata, corsie uniche, cartelli e birilli da schivare come in un perverso video game. E il bello è che tutto resterà così per almeno cinque anni: un cantiere dietro l’altro a opprimere un’economia che, già di suo, era sufficientemente oppressa.

E allora diciamolo che quella che vediamo sullo sfondo della paralisi è una situazione che fa schifo: è inaccettabile che la gente in coda debba sopportare lo strazio delle intercettazioni che colano dall’inchiesta sul crollo del ponte Morandi e contemporaneamente avere notizie sulla miliardaria trattativa che lo Stato ha aperto con Atlantia per rilevare Autostrade per l’Italia. Quasi dieci miliardi di Euro per fare ciò che avevano promesso sarebbe avvenuto con la forza, revocare la concessione ai Benetton. Una revoca lastricata d’oro: bella vittoria, davvero.

E neppure è accettabile che le famiglie in coda o quelle che piangono morti ammazzati, debbano sentire che società Autostrade riceverà un indennizzo per i minori ricavi dovuti al Covid (LEGGI QUI), né che per anni Atlantia ha incassato pedaggi extra per grandi opere che non costruirà mai. Non è venuto il tempo di dire basta?

“Dovete fare qualcosa” diceva oggi uno dei tanti telespettatori indignati che hanno preso il telefono per chiamarci, ma ciò che è in nostro potere è quello che già facciamo e continueremo a fare: dare voce a questo dramma. Di più un gruppo editoriale non può fare. E allora è oggi il momento in cui la spina dorsale della nostra classe dirigente deve essere mostrata al popolo rassegnato: è questo il punto di non ritorno che deve unire la Liguria, da Ventimiglia a Sarzana e di qualsiasi colore, in una battaglia che finora abbiamo condotto da soli. O ci svegliamo adesso e pretendiamo ciò che è giusto (finanziamenti, opere, programmazione) oppure è meglio tacere per sempre.