cronaca

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 Un evento in pompa magna. Un'adunata di sindaci, in gita a Roma, per un giorno, provenienti dai più remoti borghi e paesi dell'Appennino. Tutti ospiti nella Capitale a spese di Poste Italiane con viaggio e amenità varie interamente a carico della società cassaforte del risparmio nazionale. Con un unico filo conduttore, così sintetizzato: "Cari amministratori, vogliamo dialogare con il territorio, offrire servizi ai vostri comuni e l'assicurazione solenne che nessun ufficio montano sarà chiuso".


Una nuova California da vivere in mezzo ai monti? Chi non abita lassù potrebbe anche pensarlo. Peccato che nei territori interni della Liguria, per esempio, il recente passato di Poste fa rima con una raffica di chiusure di storici presidi, la riduzione delle giornate di apertura, la consegna della posta a giorni alterni: "Sono abbonato a un quotidiano, ma ormai le cronache delle partite della domenica mi sono abituato a leggerle al mercoledì, quando mi consegnano il giornale di due giorni prima. Anche questa è un'esperienza di vita" scrive a primocanale.it un pensionato di Vobbia.

Ma nello stesso tempo, Poste Italiane, oggi azienda in parte privatizzata e quotata in Borsa, continua a registrare utili: complimenti a chi la gestisce. Lo fa anche con vendite commerciali allo sportello che nulla hanno da spartire con il tradizionale servizio di presidio territoriale. "Da oggi, però, un nuovo corso al fianco dei paesi montani" promettono i vertici.

Meglio tardi che mai, viene da pensare dando fiducia a chi vuole invertire la rotta. Al tempo stesso, la gente di montagna ha la memoria lunga. E nell'epoca in cui regna un governo gialloverde, almeno a parole più attento alle criticità d'entroterra, una parola di scuse sul recente passato non avrebbe guastato. "Hanno chiuso la stalla quando i buoi erano già scappati" dicono sui monti. Chi li ritrova è pregato di riportarli dov'era l'Ufficio Postale.