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Dopo diciotto mesi di attesa finalmente in sala il capitolo conclusivo dell’era-Craig
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Con un ritardo di diciotto mesi, ecco finalmente ‘No Time to Die’, ultima apparizione di Daniel Craig nei panni di James Bond quindici anni dopo ‘Casino Royale’, lo 007 più longevo di sempre di cui questa storia rappresenta il perfetto canto del cigno: un film d'azione che racchiude sullo sfondo un dramma di relazioni troncate, sogni infranti e segreti nascosti troppo a lungo dove l'archetipo bondiano viene smontato e rimontato in maniera sorprendente.

Craig negli anni ha modificato profondamente la spina dorsale ironica del personaggio sostituendola con un atteggiamento realistico e complesso che lo ha reso riconoscibilissimo e diverso da ogni Bond precedente, affrontando come nessun altro dei suoi predecessori aveva fatto prima un passato pieno di dolore e di peccati: uomo fragile che non sempre riesce a tenere le proprie emozioni sotto controllo, spesso tormentato e introverso, più preoccupato di se stesso e dei problemi personali che di combattere i nemici del mondo libero e intorno al quale – il playboy è soltanto un ricordo - sono scomparse le femmine troppo fatali e seducenti che avevano popolato i primi film della serie. Nelle sue avventure non ci sono donne da conquistare ma piuttosto da amare veramente. ‘No time to die’ include tutto ciò che Craig ha fatto fino a questo momento mostrandoci un individuo che cerca una conclusione definitiva non solo per sé ma per le persone che ama e in seconda istanza per il mondo che ha ancora bisogno di essere salvato.

È evidente fin dall’inizio – con una sequenza che per la prima volta nella storia non vede protagonista Bond - che siamo di fronte alla fine di un'era, tanto che mai come in questo caso è opportuno non dir troppo della trama. Si parte laddove si era concluso ‘Spectre’ con 007 ritirato dal servizio attivo e un nuovo amore accanto a sé, Madeleine Swann (Lea Seydoux), che però qualcuno gli fa credere possa averlo tradito. Così la lascia e si isola in Giamaica fino a quando il vecchio collega della CIA Felix Leiter non gli chiede di aiutarlo a ritrovare uno scienziato rapito, missione che – lavorando con un nuovo 007 donna e un altro agente della CIA, anch’essa donna - lo metterà di fronte all’ennesimo, temibile avversario.

‘No time to die’ è un film dove vediamo un Bond che ha capito in maniera definitiva come ci sia vita oltre la semplice licenza di uccidere. Una persona reale che vuole finalmente condurre la propria esistenza mettendo da parte i fantasmi personali e il lavoro dedicandosi ad altro. Magari all’amore, e non è certo un caso che il cognome della donna che ha vicino a sé – assolutamente proustiano - sia Swann in un film incentrato molto sulla ricerca del tempo perduto dato che non ha ancora dimenticato la Vesper Lynd di Eva Green che aveva amato in ‘Casino Royale’. Certo ci sono sempre i gadget, gli abiti eleganti, gli inseguimenti mozzafiato e le affascinanti location in giro per il mondo (che meraviglia Matera!) ma c’è soprattutto sincero rimpianto, angoscia, perdita, complicate dinamiche familiari e una profondità di emozioni, inaspettatamente pure tra uomini, solo occasionalmente toccate nei film precedenti.

‘No time to die’ è anche una riflessione su quanto sia difficile fidarsi l'uno dell'altro, soprattutto dopo essere stati traditi, e quanto sia intrecciata la capacità di fidarsi con quella di amare: ci si può innamorare (o desiderare) facilmente, quello che è difficile - senza l'elemento cruciale della fiducia - è rimanere innamorati. Se proprio vogliamo trovare un difetto, peccato per quel ‘cattivo’, Lyutsifer Safin interpretato da Rami Malek, che si vede poco e non ha gran spessore ma personalmente credo che questo film di Cary Fukunaga rimarrà saldamente tra le voci più importanti del franchise come pellicola che ha cambiato in maniera indelebile la percezione e il percorso di James Bond.

C’è infine un’altra cosa da sottolineare: per tutti gli attori precedenti che hanno interpretato il ruolo, l'ultimo film è stato quasi sempre debole. ‘No Time to Die’ unendo insieme con un’aura malinconica i fili rimasti in sospeso durante l’era-Craig conclude invece perfettamente il cammino dell’attore sottolineando come nonostante le mirabolanti imprese che compie ci si trovi di fronte senza alcun dubbio ad un eroe assolutamente tragico. Craig dunque se ne va in grande stile. Dopo, alzare ancora l’asticella sarà davvero difficile, chi verrà – come dicono gli inglesi – avrà scarpe enormi da riempire perché ‘No Time to Die’ dà l’addio allo 007 più umano, romantico ed epico che si sia mai visto sullo schermo.