cronaca

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Stavo bloccato in coda nel cuore della notte, tra Sampierdarena e Pegli, a passo d’uomo in viaggio verso Pra'- Voltri, unica stazione di ingresso dell’autostrada aperta a Ponente dopo le 22. Stavo fermo, tra un semaforo e l’altro, in quel pezzo di Ponente genovese che lotta da decenni per il suo futuro, ben dopo lo stabilimento Acelor Mittal, ex Ilva, ex Italsider, dove gli operai manifestano ancora, come sempre da tempo immemorabile e per i quali i poliziotti si levano il casco davanti a loro, in una scena che piacerebbe a Pasolini, rispettando la loro condizione incerta di lavoratori il cui destino è sempre in bilico.

Vedevo da quella coda ferma le strade piene di gente liberata dal coprifuoco pandemico, che cercava di festeggiare con un gelato, con una passeggiata, tra i gas di scarico di quella paralisi da traffico.
Stavo quasi per avvicinarmi alle luci del porto di Prà Voltri, baluginanti nel buio, oltre la Fascia di rispetto: immaginavo quelle banchine, che sono il “sale” di Genova, la garanzia del suo benessere, a patto che la merce, i container, i tir, ci arrivino e possano ripartire senza finire in un imbuto chiuso.

Stavo lì, da vecchio cronista di questa città,
che ne ha viste tante, di porto, di banchine, di camalli, di tute blu, di fabbriche, di fumi delle fabbriche, di lotte sindacali per donne e operai, di monopoli portuali, di una città che lì a Ponente ha fatto ogni cosa per riscattarsi. E mi veniva in mente la frase di quel vecchio amico sindacalista, Franco Sartori, che mi ammoniva: “Stai attento, che a Genova, quando c’è un problema lo imbelinano a Ponente”. Era vero: le fabbriche, le acciaierie, al posto delle spiagge e del mare , l’aeroporto al posto delle onde e sempre delle spiagge, degli stabilimenti e ancora le fabbriche e poi il nuovo porto là dove Genova finiva…..sempre tutto a Ponente.

Guardavo Prà, oramai raggiunta in quella coda perenne, con la sua riconversione urbanistica, un po’ di riscatto, con i canali d’acqua della Fascia di rispetto, la grande piscina, gli spazi pubblici, i giardini strappati al cemento. E pensavo ancora alle lotte di questa città per ridarsi un po’ di dignità, anche lì dove l’avevano così violentata.
Ma ero sempre in coda e non riuscivo a capire perché la fila fosse così lenta per raggiungere quella maledetta autostrada, dove, lo sapevo già, mi attendevano altre code, i cantieri, le corsie uniche, i tir posteggiati nella corsia di emergenza, il buco nero di chissà cosa ancora, magari un incidente...

Ora non solo a Ponente, ma anche a Levante e anche a Nord, verso Busalla e verso Ovada, sulla A 26 e sulla A7, e non solo sulla A10 e sulla A 12, hanno “imbelinato” il problema catastrofico della manutenzione mai fatta dell’autostrada, dai suoi concessionari avidi, spietati nell’inghiottire i loro dividendi, senza badare ad altro, lasciando che le corsie, le gallerie, i ponti , i viadotti si sbriciolassero come grissini. E mi veniva in mente il servizio giornalistico, che avevo appena letto, molto informato, pubblicato in uno degli inserti economici più importanti, dove si disquisiva di come Atlantia e i Benetton stessero studiando per investire bene i 9 miliardi, più spiccioli, che gli arriveranno in tasca per “compensare” la revoca della concessione autostradale, provocata dal disastro del Morandi.

Che intrigante avere 9 miliardi da investire, da far fruttare, che raffinato gioco economico esaminare bene come piazzare quel capitale ! E che utile esercizio giornalistico raffinare le tecniche finanziarie, senza neppure molte parole di cordoglio, di lutto, di memoria per la tragedia, le vittime, i disastri all’origine di quella indiretta “fortuna”…. Solo un inciso secco: “dopo la tragedia del Morandi.”
E poi ancora pensavo, davanti al penultimo semaforo rosso della coda infinita: nove miliardi su un piatto della bilancia e sull’altro questo inferno di traffico bloccato, di lavori di cui non si vede il termine, con quel commissario che di nome fa, perfino, Placido, appunto Placido Migliorino, che prevede minuziosi aggiustamenti, fa programmi e immagina scenari eterni di manutenzioni improcrastinabili. Qua di placido non c’è nulla, un piede sul freno, una sulla frizione, gli occhi attenti a non tamponare...

Aveva ragione quel mio amico sindacalista, che purtroppo non c’è più da tempo: ancora una volta il problema l’hanno “imbelimato” qua, non solo a Ponente, a Genova e in Liguria. Loro hanno i soldi da investire e da far fruttare e noi, forse, abbiamo finalmente, raggiunto il casello dell’autostrada, ma non sappiamo cosa ci aspetta.