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Nella riforma Rai anche "sinergie con le emittenti sul territorio"
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“Lo Stato deve premiare le emittenti locali che offrono un servizio pubblico”. Il succo è qui: una svolta decisiva, quella annunciata da Antonello Giacomelli, sottosegretario allo sviluppo economico intervistato in esclusiva da Primocanale. Riforma Rai, sinergie con le tv private, la guerra delle frequenze e quella degli uffici postali: temi caldi quelli affrontati durante la diretta condotta da Mario Paternostro.

TV LOCALI: AIUTARE CHI FA SERVIZIO PUBBLICO – “Tv come Primocanale – ha detto Giacomelli – sono in prima linea durante le emergenze, svolgono un servizio fondamentale per i cittadini in momenti drammatici e nella quotidianità. Esistono esempi virtuosi come questo in molte città servizio per i cittadini e servizio sociale fortissimo. Alcuni editori mirano ai contributi col solo scopo di mandare in onda televendite: si pensi che basta avere dipendenti, ma non è necessario che siano giornalisti. Altri, invece, investono in professionisti per offrire un’informazione puntuale e di qualità. A chi fa questa scommessa bisogna riconoscere la certezza di contributi pubblici. Ci vuole un meccanismo certo in base a criteri obiettivi. Basta fedeltà al potente di turno, non è possibile premiare tutti allo stesso modo. Realtà come queste meritano di essere sostenute anche perché creano ricchezza e posti di lavoro e garantiscono un vero pluralismo dell’informazione”. Oltre ai contributi, potrebbero arrivare importanti tutele giuridiche: “C’è l’intenzione di riconoscere a chi rispetta certi requisiti la funzione di pubblico interesse”, precisa Giacomelli.

RIFORMA RAI – Il tema dei contributi all’informazione locale si intreccia con la volontà di rivedere il meccanismo del canone Rai: “Ci eravamo impantanati al Senato sull’articolo 4. Ma l’idea è rimasta intatta: riformare il canone per il servizio pubblico, far sì che non sia più odioso, abbassare i costi per i cittadini e combattere l’evasione”. Ma la rivoluzione non passa solo dal canone: “Secondo noi, il servizio pubblico finora è stato, ripetitivo, uguale a se stesso. Fino a pochi anni fa andavano in onda i tre tg lottizzati secondo gli accordi del ‘75, roba da anteguerra. Oltretutto, la Rai non è stata centrale, ma un concorrente di Mediaset. La Rai deve recuperare la sua dimensione aziendale e le potenzialità di servizio pubblico. Servono più piattaforme per parlare tutti i linguaggi, entrare nella contemporaneità. I giovani devono poter accedere alle fonti storiche su YouTube. Meno politica e più impresa. Del resto, alle critiche e alle obiezioni non si risponde coi dati dell’auditel. Il servizio pubblico non vive con dittatura ascolti”. Poi dipinge possibili collaborazioni con le realtà locali: “Bisogna riscoprire la sinergia col mondo della creatività italiana, la Rai deve dialogare con le emittenti locali per offrire un servizio pubblico che entri nella vita delle persone”.

RIFORMA FREQUENZE – “Quando abbiamo fatto lo switch-off sono state assegnate alle emittenti, in particolare quelle locali, tutte le frequenze assegnate all’Italia più altre rubate ad altri paesi. Si creano interferenze spiacevoli. Ne discuteremo a Ginevra insieme agli altri Paesi. Faremo coincidere la riforma con l’introduzione del T2, un sistema che raddoppia le reti sulla stessa frequenza. E poi è fondamentale dare frequenze in più alla telefonia, il mercato le chiede.

MEDIASET VS SKY – “L’uscita di mediaset dalla piattaforma Sky è clamorosa, un terremoto. Ma possiamo comprendere cosa sta succedendo se alziamo lo sguardo. Siamo in mezzo a una trasformazione vera, che ha a che fare diversificazione fruizione televisiva, col ruolo incombente di servizi come Netflix e con la convergenza tra piattaforme e contenuti. Ognuno dei protagonisti del mercato si va riposizionando nel cambiamento in atto. Tra Sky e Mediaset era in corso una sfida per la pay tv, lo spazio di mercato in Italia è ridotto per due aziende"

POSTE – In difesa degli uffici postali dei piccoli centri, veri e propri presidi sociali, Primocanale conduce da tempo una battaglia mediatica. Giacomelli spiega che l’esecutivo ha le mani legate: “Qualche anno fa il parlamento ha tolto il governo il potere di valutare il piano industriale di Poste, assegnandola a un’authority indipendente. Una caratteristica che non comprendiamo fino in fondo. Ma il Governo, anche senza prerogative, si sta impegnano per far incontrare poste e amministratori locali col desiderio di venire incontro alla popolazione” .