cultura

Il dibattito sul futuro dell'entroterra dopo il "Mi sono rotto" del Cucinosofo
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Nel dibattito avviato dal sito primocanale.it, a seguito della puntata di Viaggio in Liguria dedicata al Parco Antola, dove il Cucinosofo ha esternato tutta la sua amarezza per promesse vane riguardo l'entroterra e a qualche ora dalla risposta in diretta dell'assessore regionale, Alessandro Piana (vedi link sotto), una testimonianza interessante giunge dal levante ligure. Il tema è ancora quello del futuro della montagna. 

 

L’associazione per la terra e la cultura rurale Consorzio della Quarantina, nota per il recupero delle varietà tradizionali di patate della montagna genovese, negli ultimi tempi ha allargato l’orizzonte delle sue attività avviando una serie di iniziative e collaborazioni che porteranno all’apertura, in val d’Aveto, di un Centro di Documentazione e Ricerca sull’Agricoltura di Montagna.

Nell’ambito del Centro troveranno spazio una Casa dei Semi per la conservazione e distribuzione ai coltivatori delle varietà locali di piante coltivate - quelle che i contadini hanno tramandato di generazione in generazione e oggi a rischio di scomparsa - una biblioteca interamente digitalizzata su tematiche rurali e un laboratorio di ricerca per attività conservative e di miglioramento varietale.



A Villa Rocca di Rezzoaglio, nella sede del Centro il Parco dell’Aveto realizzerà una sala espositiva dedicata alle patate tradizionali; i visitatori, così, potranno conoscere la storia del tubero andino e ripercorrere il suo lungo viaggio sino all’Appennino Ligure.


Un percorso della biodiversità consentirà di osservare da vicino i campi dove si coltiveranno varietà locali di legumi, cereali, frutta e molto altro, compreso il campo riproduttivo della collezione di patate del Consorzio (oltre 500 antiche varietà dei cinque continenti).

L’associazione ha saputo coinvolgere la comunità locale in questo percorso e renderla partecipe di un’azione consapevole di recupero produttivo del proprio territorio: la proposta prevede, in cambio dell’utilizzo dei terreni, il versamento di una quota annuale in un fondo collettivo gestito dagli aderenti all’iniziativa, ad oggi oltre il 90% dei proprietari. L’impiego del fondo è vincolato alla manutenzione e utilizzo di beni comuni o, come accaduto nel 2020, a fini sociali per sostenere membri della comunità.



“Per aiutare la montagna a restare viva, non solo quella ligure - spiega Fabrizio Bottari, coordinatore delle attività - servono iniziative locali forti, ma anche in grado di offrire soluzioni a problemi condivisi da un numero crescente di territori che stanno diventando sempre più marginali. Fino a qui siamo arrivati con le nostre forze, ora occorre che le istituzioni decidano se quello che stiamo facendo può essere o meno una valida risposta ai problemi che tutti conoscono: spero che il nostro progetto non sia stato inserito nella Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile soltanto per parlarne nell’ennesimo convegno dedicato al rilancio dell’entroterra”.